Pinuccio & Doni Around the
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Bolivia Laguna Verde

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Ecuador

Perù

Bolivia

Cile

Ritorno in Bolivia

Diario di viaggio

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"Abbiamo appena lasciato il Cile, siamo tornati in Bolivia percorrendo piste che si snodano tra i 4 e i 5000 metri. Dopo un paio d'ore si apre dinnanzi a noi uno spettacolo della natura che ci lascia ammutoliti, qualche minuto prima di mezzogiorno la Laguna Verde si trasforma ed il colore delle sue acque si tramuta come d'incanto da un cupo verde oliva ad un acceso e vivo verde smeraldo!!!

E' impressionante come la natura, quando lasciata libera di esprimersi, riesca a modellare il nostro pianeta Terra con forme e colori così armoniosi da sembrare irreali."

48 GIORNI IN AMERICA LATINA

Ecuador Perù Bolivia Cile

Luglio/Agosto 2008

Pinuccio & Doni

 

Prefazione

Per la prima volta dopo tanti anni e tanti viaggi decido di scrivere sera dopo sera un diario che riassuma le impressioni e le emozioni provate lungo il percorso che ci ha portati a visitare quattro stati del Sudamerica nei mesi di luglio e agosto del 2008.

Ho preferito lasciar passare un po’ di tempo prima di riordinare gli appunti e trascriverli sul computer perché sono del parere che rileggendo il resoconto di viaggio emergono delle sensazioni che al momento magari non si aveva dato peso mentre oggi assumono importanza maggiore nei ricordi.

Nel frattempo ho selezionato le oltre 8000 immagini scattate tra Ecuador, Perù, Bolivia e Cile; anch’esse in questi mesi invernali mi hanno regalato nuove emozioni facendomi rivivere il viaggio e facendomi nuovamente godere alla vista delle meraviglie che la natura ha saputo offrirci lungo il cammino.

Purtroppo verso la fine mi hanno fatto rivivere anche i ricordi più tristi.

Ho rivisto le fotografie scattate la sera del nostro ritorno a Puno, fredda cittadina peruviana sul lago Titicaca, nel pomeriggio eravamo finalmente riusciti a lasciare la Bolivia dopo molte difficoltà a causa dei disordini e degli scioperi durante i quali venivano bloccate le principali vie di comunicazione.

Arrivati a Puno verso le 19 del 2 agosto, ci viene in mente che mesi prima i nostri amici Fabio e Cinzia ci dissero che proprio quel giorno sarebbero anche loro passati da qui.

Li sentiamo col cellulare e combiniamo di vederci per passare una simpatica serata cenando insieme.

Siamo felici di essere riusciti a vederci a così tanti chilometri dall’Italia… ci facciamo scattare tre fotografie; saranno le ultime di un viaggio che sarebbe dovuto terminare quindici giorni dopo alle Isole Galapagos, ma al momento eravamo ignari di quello che sarebbe accaduto di li a poche ore!

 

Martedi 1 luglio 2008 – Quito (Ecuador)

Eccoci arrivati a Quito la capitale dell’Ecuador, atterriamo in perfetto orario e finalmente l’ansia accumulata nei giorni precedenti il volo svanisce in un soffio facendoci dimenticare anche la brutta esperienza provata sei mesi prima nello Yemen all’aeroporto di Sana’a.

Adesso la tensione è rivolta a come reagirà il nostro fisico una volta scesi dalla scaletta dell’aereo a causa dell’altitudine di questa città e dalle medie dei 4/5000 metri che si terranno per gran parte dei 48 giorni di viaggio durante i quali visiteremo Ecuador, Perù, Bolivia e Cile insieme a nostra figlia Francesca che ci accompagna in questo lungo viaggio.

Torneremo a Quito alla fine del giro per incontrarci anche con nostro figlio Matteo e recarci tutti insieme alle isole Galapagos.

Ci rechiamo all’hotel San Francisco, scelto per la sua posizione strategica, situato proprio nel centro della città vecchia e per questo comodissimo per uscire a piedi anche dopo il tramonto aprofittando dell’ora propizia per scattare qualche foto alla bellissima cattedrale sapientemente illuminata.

Dopo un paio d’ore ci accorgiamo che la stanchezza provocata dal fuso orario comincia farsi sentire e anche se sono solamente le 20, il doppio fuso del mio orologio dice che se guardiamo l’ora italiana per noi sarebbero le 3 del mattino. Decidiamo così di tornare in albergo per cercare di riposare dato che l’indomani mattina alle 8 abbiamo appuntamento con Pedro, il nostro driver che ci accompagnerà durante la nostra permanenza in Ecuador. Prima tappa, la laguna di Quilotoa!

 

Mercoledi 2 luglio 2008 – Quilotoa > Latacunga

Come prevedibile alle 5 del mattino siamo già svegli, meglio così possiamo sistemare con calma le cose da avere a portata di mano negli zaini piccoli e chiudere definitivamente i bagagli con l’attrezzatura subacquea da lasciare qui in deposito in albergo per 40 giorni finchè non torneremo a recuperarli prima di andare alle Galapagos.

Dopo colazione conosciamo Pedro, il nostro driver in Ecuador, che puntuale ci stava aspettando nella reception dell’hotel.

Percorriamo un tratta della “Panamericana Sur” costeggiando la cima del vulcano Cotopaxi che fatichiamo a vedere a causa della fitta pioggia.

Raggiunta la cittadina di Punjili si sale verso una piacevole zona delle Ande ecuatoriane. Fortunatamente smette di piovere, lo sguardo è libero di assaporare paesaggi incantevoli dove alte montagne si alternano a verdi vallate popolate dagli Indios vestiti con i loro caratteristici ponchos colorati e l’immancabile cappello che a seconda dei luoghi cambia foggia e colore.

Verso mezzogiorno si raggiunge la laguna di Quilotoa, qui il cuore smette di battere di fronte a tanta bellezza e gli occhi si riempiono dei colori quasi innaturali dell’acqua e del cielo dovuti probabilmente alle nuvole colme di pioggia che da un momento all’altro vorrebbero riversarci addosso.

Ci si trova a circa 4000 metri di altitudine sul livello del mare sulla sommità del cratere del vulcano che, ormai inattivo, è diventato un lago dai colori incredibili, circondato tutt’intorno dalle cime dell’alta catena andina dominata dalle vette dei vulcani Cotopaxi (5897 m) e Chimborazo (6310 m).

Decidiamo di scendere giù all’interno del cratere, fino alle rive del lago, accorgendoci che bisogna percorrere stretti passaggi rocciosi alternati da larghe discese di strana sabbia vulcanica, sulla quale, vista la pendenza, si presume sia faticosa la risalita per riguadagnare i 500 metri di dislivello considerato anche che non siamo ancora acclimatati per compiere simili sforzi a queste altitudini senza procurarsi un sicuro mal di testa. Fortunatamente su al pueblo ci eravamo accordati con dei ragazzini per farci trovare, una volta arrivati giù in riva al lago, tre muli con i quali poter risalire sino al punto di partenza.

Nel pomeriggio partiamo per la cittadina di Latacunga che raggiungiamo verso sera per poter passeggiare un po’ nelle tranquille strade del centro formato da case e chiese neocoloniali molto belle e per passare la notte in un, purtroppo rumoroso, hotel che si è rivelato davvero una scelta sbagliata, dove non siamo riusciti a chiudere occhio per i continui litigi tra il personale e alcuni clienti.

 

Giovedi 3 luglio 2008 – Baños > Rio Pastaza

Sveglia alle 7, si fa per dire… dato che non abbiamo dormito; ci rifacciamo con un’ottima e abbondante colazione mangiando di tutto e di più.

Si parte per Baños di Ambato percorrendo la “via dei vulcani”, purtroppo anche oggi la cima del Cotopaxi resta nascosta dalle nubi di un violento acquazzone. Fortunatamente quasi nei pressi di Banos smette di piovere, riusciamo così a scorgere il vulcano Tungurahua la cui attività era in quei giorni in pieno fermento, tanto che parecchi operai stavano sistemando la strada invasa dalla sua lava.

Una volta entrati in paese ci rechiamo all’hotel dove ci viene presentato Ivan il quale, oltre ad essere il proprietario, si rivela anche ottima guida accompagnandoci di persona a visitare le bellezze dei dintorni.

Salutiamo Pedro con il quale ci diamo appuntamento dopo tre giorni quando cioè tornerà a prenderci per continuare il cammino verso sud.

Vista l’ora decidiamo di uscire subito a fare quatro passi per le vie di questa graziosa cittadina di montagna alla ricerca di un posto dove poter pranzare. Camminando rimaniamo stupiti dai prezzi esposti sulle vetrine dei ristorantini locali: 1,50 usd per un pasto completo composto da un piatto di zuppa di verdura, una porzione di pollo o carne asada accompagnata da riso, patatine fritte, pomodori, lenticchie ed un bicchiere di cola… incredibile, decidiamo di entrare più che altro per la curiosità di verificare se per davvero ci avrebbero servito tutto quello scritto in vetrina; inutile dire che eravamo gli unici turisti in mezzo alle decine di avventori, tutti ecuadoregni, per lo più commesse di altri negozi o operai della zona e che il cibo è stato da noi apprezzato!

Dopo pranzo torniamo in albergo per l’appuntamento con Ivan che gentile e disponibile ci accompagna a vedere parecchie cascate che riversano le loro acque nel Rio Pastaza tra le quali la turbolenta Manto de la Novia. Con la “tarabita”, una rudimentale teleferica usata dai locali, decidiamo di attraversarlo e di andare sulla riva opposta provando una scarica di adrenalina pura quando a metà percorso rimaniamo fermi e sospesi nel vuoto per alcuni minuti ad un’altezza considerevole ammirando così le cascate da un altro punto di osservazione.

Per cena abbiamo chiesto alla moglie di Ivan di prepararci qualcosa di locale, ci propone un piatto caratteristico della zona, purtroppo non ricordo il nome ma assomiglia molto ad una specie di goulash che decidiamo di annaffiare con un’ottima bottiglia di vino, un cabernet sauvignon cileno che ci farà anche dimenticare il freddo pungente che scende dalle cime innevate che circondano Banos.

 

Venerdi 4 luglio 2008 – Foresta Amazzonica

Questa mattina equipaggiati solamente con gli zaini leggeri contenenti lo stretto necessario per vivere qualche giorno di avventura nella giungla, partiamo per l’Amazzonia. Infatti un centinaio di chilometri ad oriente, si trova la cittadina di Puyo, dove abbiamo appuntamento con una famiglia indigena che ci accompagnerà nella foresta per farci vivere nel loro accampamento cucinando e mangiando tutti insieme quello che la natura del luogo ha da offrirci.

Dopo circa un’ora di fuoristrada camminiamo per altrettanto tempo nella giungla aprendoci il cammino col machete affondando gli stivali nel fango fino a raggiungere l’accampamento dove vivono i genitori di Cecilia. Dopo la presentazione proseguiamo lungo il fiume finchè non raggiungiamo una zona collinare strategica sia per il panorama che offre sia per la sicurezza che il fiume non possa arrivare fin quassù portandosi via tutto.

Qui ci vengono assegnate le nostre capanne sospese su palafitte per tenere lontani gli animali e l’acqua del fiume, non hanno porte e i letti fatti con delle assi di legno inchiodate, sono provvisti di zanzariere. Ovviamente non c’è luce, se non quella della candele o delle nostre torcie, e neppure acqua se non quella del fiume.

Dopo aver sistemato le nostre quattro cose e aver ammirato il luogo che ci circonda raggiugiamo la famiglia Indios attirati dal fuoco appena acceso necessario per cucinare alcuni pesci pescati poco prima ed arrotolati all’interno di cartocci improvvisati con delle foglie appena raccolte e che poi, una volta srotolate fungeranno anche da piatto sistemandoci sopra il pesce con del riso e una fresca insalata di pomodori e cipolle ed un tubero tipo………

I pasti vengono consumati tutti insieme ed Enrique ci fa notare che le posate sono solo per noi dato che loro non ne fanno uso e che lui va matto per le teste dei pesci, ne è talmente ghiotto che si ciuccia tutte quelle che gli capitano a tiro… anche le nostre, dice che contengono molte proteine!

Dopo pranzo Doni e Francesca vengono accompagnate per un’escursione di alcune ore nella giungla sino a raggiungere un punto panoramico che poi mi dicono essere bellissimo, situato sulla collina più alta dalla quale si domina tutto il paesaggio sottostante composto da un labirinto di fiumi, canali ed affluenti.

Io decido di recarmi da solo in un punto molto suggestivo dove confluiscono due fiumi, il più grande è Rio Pastaza mentre quello più piccolo è il Rio Puyo.

Qui lo sguardo è libero di spaziare verso l’infinito della foresta amazzonica che sembra non terminare mai. Il rumore dell’acqua mi tiene compagnia mentre scrivo queste righe. Ad un certo punto alzo lo sguardo al cielo e vedo un’aquila che vola verso di me, in men che non si dica è talmente vicina che rimango immobile ad ammirarla, estasiato al punto che per non perdere nemmeno un attimo di questo meraviglioso momento dimentico persino di tirar fuori la canon dalla borsa.

Questi momenti mi regalano una felicità indescrivibile, non mi par vero di essere immerso in questa natura talmente immensa da sembrare irreale.

Di fronte a me, a 8 giorni di cammino o 3 di canoa si arriva al confine con l’amazzonia peruviana. Mi piace pensare che tutta quest’acqua trasportata da centinaia di fiumi e migliaia di affluenti alla fine arriverà a formare il più grande fiume del Mondo: il Rio delle Amazzoni!

Alle mie spalle a parecchi chilometri di distanza, adesso che le nuvole si sono diradate, si riescono a scorgere le sagome dei vulcani, le cui vette a 6000 metri sul livello del mare, fanno da cornice alla parte occidentale dell’Ecuador.

 

Sabato 5 luglio 2008 – Foresta Amazzonica

Finalmente questa mattina è apparso un caldo sole che ci terrà compagnia per tutta la giornata, è la prima volta da quando siamo in Ecuador!

Col sole tutto è ancora più bello, i colori più vivi intensificano l’azzurro del cielo che si amalgama col verde della foresta creando uno scenario da favola.

Siamo felici perché oggi dobbiamo raggiungere la cascata sacra che si trova ad un paio d’ore di cammino nella giungla dal nostro accampamento.

Ci hanno spiegato che sotto la cascata si è formato un laghetto dove l’acqua freschissima e pulita è talmente invitante da non poter resistere dal fare il bagno, quindi ben venga il caldo sole che ci asciugherà dopo esserci rinfrescati.

Dopo un’abbondante colazione a base di frutta tropicale, gli Indios ci dicono che non possiamo assolutamente presentarci così di fronte alla cascata sacra. Quindi mandano dei bambini a raccogliere dei frutti bordeaux che all’apparenza si presentano come dei ricci di castagna, una volta aperti scopriamo che contengono un liquido rosso intenso con il quale, mediante l’uso di un rametto intinto nel frutto, veniamo dipinti sul volto con dei disegni perfettamente simmetrici. Così dopo alcuni minuti siamo tutti e tre tatuati e pronti ad incamminarci seguendo Enrique che con il suo machete apre un varco lungo il sentiero. A volte taglia dei rami per spiegarci i benefici della pianta in questione e che loro dalla giungla devono saper sfruttare qualunque risorsa per alimentarsi, per poter bere anche in assenza d’acqua e per curarsi appunto con le piante. Ci ha colpito in particolare la pianta “sangue di drago” perché, dopo una leggera incisione della corteccia, ha cominciato a sanguinare. Il liquido si presenta di un colore identico al nostro sangue sgorgando esattamente come se uscisse da una ferita. Una volta immerso il dito in questo liquido rosso, lo si passa sulla puntura di zanzara notando che si trasforma in una densa pomata bianca in grado di curare le ferite degli insetti.

Interessante conoscere anche uno dei molti sistemi con il quale gli indios si procurano da bere in caso di necessità. Una pianta di bambù viene incisa col machete in modo tale che avvicinando le labbra al foro si possa bere l’acqua che inizia a sgorgare dall’interno della pianta. A turno l’abbiamo bevuta notando che non era nemmeno poca ed a parte una punta di amarognolo era buona, fresca e dissetante!

Dopo un paio d’ore di cammino, cominciamo a sentire il rumore causato dalla cascata fino a che dopo una manciata di minuti ecco che finalmente si apre di fronte a noi un magnifico scenario naturale dove la cascata sacra si presenta con un bel salto di una quarantina di metri che finisce in un invitante laghetto dove ci tuffiamo per il meritato refrigerio dopo la lunga marcia incuranti di quanto l’acqua sia gelida non prima di aver intonato tutti in coro un urlo propiziatorio perché nulla ci succeda quando entreremo in acqua e passeremo sotto la cascata per raggiungere il lato opposto.

Siamo soli, non c’è ancora nessuno, ce la godiamo un mondo, nuotiamo, ci immergiamo, passiamo sotto il grande salto d’acqua per poi uscire e farci asciugare dal sole sdraiati sulle rocce.

Sulla via del ritorno, dopo circa un’ora di cammino, arriviamo al Rio Puyo dove incontriamo un tizio con una canoa ricavata da un tronco scavato disposto ad accompagnarci per scendere lungo il fiume fin quasi ad arrivare al nostro accampamento che raggiungiamo dopo una quarantina di minuti durante i quali ammentto di aver temuto per la mia attrezzatura fotografica a causa delle rapide e i grossi massi che riuscivamo ad evitare per un soffio e l’acqua che inesorabilmente continuava ad entrare a bordo dalle numerose infiltrazioni obbligandoci a sgottare di continuo con rudimentali mezzi di fortuna.

Verso le 16 ci incontriamo con Ivan e ripartiamo per Banos in fuoristrada dove arriveremo giusti per l’ora di cena. Avevamo chiesto a sua moglie di prepararci una succulenta specialità locale, il cuy arrosto, conosciuto da noi con il nome di porcellino d’India, una sorta di grosso criceto. Arrostito intero e poi tagliato dopo la cottura viene servito con patate al forno, fagioli, cipolle e altre verdure a volte anche con uvetta sultanina. Non è cattivo ma una volta cucinato alla vista ricorda molto le sembianze di un topo arrosto, occorre quindi vincere una certa riluttanza verso questo animale per poter gustare il cuy sino in fondo.

 

Domenica 6 luglio 2008 – Chimborazo > Riobamba

Da Banos risaliamo verso nord fino ad Ambato, poi percorriamo la strada che conduce sull’altopiano dell’Arenal.

La meta di oggi è Riobamba che raggiungeremo dopo aver ammirato un paesaggio maestoso dominato dalla cima più alta dell’Ecuador: il Chimborazo.

Ci troviamo all’interno di un parco dove le vigogne sono protette e si riescono a vedere in libertà. Purtroppo la giornata viene rovinata da due loschi individui che, sbarrando la strada che sale al rifugio, ci chiedono del denaro per lasciarci proseguire. Dal loro modo di fare risulta evidente che si tratta di abusivi, decidiamo quindi di non pagare per non alimentare questo traffico sperando che a lungo andare perdano questa cattiva abitudine. Col senno del poi, ci siamo pentiti di non aver avuto la presenza di spirito minacciandoli di chiamare la polizia invece di privarci della visita al rifugio dal quale avremmo potuto godere di uno stupendo panorama.

Fortunatamente il nostro hotel si trova fuori città in aperta campagna, ci viene assegnata una camera bellissima e molto spaziosa con tanto di camino acceso e una grande balconata dalla quale si gode di una vista magnifica della valle sottostante.

 

Lunedi 7 luglio 2008 – Ingapirca > Cuenca

Anche oggi non tutto fila liscio.

Da Riobamba sappiamo che parte il treno che conduce alla famosa “Nariz del Diablo”, famoso perché è possibile sistemarsi sul tetto dei vagoni per osservare meglio i bellissimi squarci di paesaggio andino.

Purtroppo una volta giunti in stazione per acquistare i biglietti veniamo a sapere che la partenza del treno non è più giornaliera ma solamente un paio di volte la settimana; il prossimo parte fra due giorni, non possiamo aspettare quindi percorriamo in auto la medesima strada altrettanto spettacolare anche se meno suggestiva.

Nel pomeriggio arriviamo al sito di Ingapirca, si tratta del maggior sito archeologico Inca dove domina un tempio a forma ellittica ancora in perfette condizioni situato ad un’altitudine di 2800 metri. Al momento dell’acquisto del biglietto scopriamo che insieme ci viene fornita una giovane guida locale la quale ci spiega molto bene come veniva organizzata la vita al tempo degli Inca.

In serata raggiungiamo la bella e caratteristica città coloniale di Cuenca dopo un viaggio lungo tra paesaggi maestosi e piacevoli che compensano grandemente la fatica.

Una volta giunti a Cuenca io e Doni (Francesca rimane in albergo per riposare un po’) iniziamo subito la ricerca di un posto dove cenare aproffittando anche, durante la passeggiata, per scattare suggestive foto alle innumerevoli chiese, molto belle ed illuminate ad arte.

 

Martedi 8 luglio 2008 – Cuenca > Guayaquil

Doni non resiste al motivo principale per il quale è voluta venire a Cuenca, così di primo mattino chiediamo di poter visitare una fabbrica dei famosi cappelli “panama”!

E’ stato interessante vedere tutto il processo di lavorazione scoprendo così che, per fare un singolo cappello panama, una persona può impiegarci da un solo giorno fino a 6 mesi di lavoro, in base alla finezza della fibra usata dalla quale nasce poi la differenza di prezzo tra un cappello e l’altro che può variare dai 10 ai 1500 dollari. Doni fortunatamente (per me) si accontenta di un panama da 80 dollari… diciamo che mi è andata ancora bene!

Dopo essere tornati in hotel a depositare il prezioso e delicato oggetto, decidiamo di andare alla ricerca del mercato camminando con piacere lungo le vie e le piazze di Cuenca. Il mercato si rivela una fonte inesauribile di occasioni per poter fotografare i numerosi indigeni che scendono dalle montagne in città per vendere le loro merci.

Nel pomeriggio partiamo pet Guayaquil, la strada inizialmente ci porta a quota 4800 metri attraversando il Parco Nazionale del Cajas per poi iniziare la lunga discesa fino alle coste bagnate dall’Oceano Pacifico. In quota la nebbia è fortissima, poi man mano che si dirada scopriamo che la vegetazione è cambiata mostrandoci la sua folta foresta tropicale, poi scendendo ancora verso il mare siamo circondati da piantagioni di cacao, banane e canna da zucchero.

Dopo 5 ore arriviamo a Guayaquil, rimaniamo sconvolti dal traffico, dall’odore di smog e dal caldo umido al quale non eravamo più abituati… fortunatamente l’indomani partiremo subito per la cittadina costiera di Puerto Lopez.

La sera a cena conosciamo di persona Luca Arnoldi, organizzatore del viaggio da noi progettato, con il quale chiariamo alcuni dubbi, soprattutto per quanto riguarda i disordini in Bolivia, dove arriveremo passando dal Perù.

Luca ci tranquillizza dicendoci che terrà monitorato il nostro itinerario contattandoci in caso di forzata evacuazione.

Dopo cena ci accompagna sul lungo fiume di Guayaquil spiegandoci che la città è stata oggetto negli ultimi 10 anni di importanti progetti urbanistici, infatti sia il lungo fiume che il centro sono ora molto accoglienti ed interessanti anche se, a nostro parere, una sera è più che sufficiente, tanto che non riusciamo a capire come possa resistere a vivere qui per 5/6 mesi l’anno!

 

Mercoledi 9 luglio 2008 – Guayaquil > P. Lopez

Il mattino di buon’ora lasciamo Guayaquil per recarci a Puerto Lopez che si trova a cinque ore di auto sulla costa dell’Oceano Pacifico. Inizialmente la strada è monotona ma poi, una volta arrivati in vista del mare, si cominciano ad attraversare colorate e vivaci cittadine costiere dove la pesca (e non il turismo) è ancora la fonte principale di reddito per gli abitanti.

Ad un certo punto la strada, circondata da una fittissima foresta tropicale, inizia a salire fino a quando, dopo una curva, si presenta dinnanzi a noi una grande insenatura con una lunghissima spiaggia dorata dove le barche dei pescatori attendono l’alta marea per prendere il mare, finalmente siamo arrivati e dall’alto della strada scopriamo che Puerto Lopez a differenza dei villaggi incontrati prima non è nemmeno tanto piccola anche se la si può tranquillamente attraversare a piedi.

Si presenta come una bella cittadina dove tutto ruota intorno alla spiaggia dimora di centinaia di barche di pescatori e dove per gli spostamenti vengono usati dei risciò ricavati da una motocicletta segata in due all’altezza della ruota posteriore e saldandoci la parte destinata a far accomodare i clienti.

Una volta arrivati all’ Hostal Mandala prendiamo subito accordi per l’indomani mattina per poter concretizzare il motivo della visita che ci ha portati sin qui. Vogliamo infatti uscire in barca per poter ammirare da vicino le balene che in questo periodo dell’anno si riuniscono qui, dove l’acqua è più calda, provenienti dalla lontana e fredda Patagonia Cilena, per partorire ed accoppiarsi.

L’hostal si trova fuori dal centro abitato, immerso in un bellissimo giardino botanico. Il pomeriggio lo passiamo passeggiando sulla lunga spiaggia fino a d arrivare davanti al paese facendo conoscenza con alcuni pescatori del posto i quali ci spiegano che stanno aspettando l’ora giusta dell’alta marea per poter uscire in mare con le loro barche.

La sera a cena facciamo conoscenza di Attilio, proprietario insieme a Maya del Mandala, il quale ci racconta, davanti ad un gustoso “negroni”, delle sue vicissitudini e della invidiabile lontananza dall’Italia che ormai risale al 1986!

 

Giovedi 10 luglio 2008 – Puerto Lopez

Finalmente ecco arrivato il momento che ci ha portato in questa zona remota dell’Ecuador. Durante i mesi di luglio e agosto le balene si radunano in questo settore di mare, come già detto, per partorire ed accoppiarsi, noi non vediamo l’ora di poterle avvicinare il più possibile grazie alle barche dei locali, i quali sanno fino a che punto si può osare senza recare loro disturbo.

Verso le 11 ci troviamo a 3 o 4 miglia dalla costa che ormai fatichiamo ad intravedere. Il comandante ad un certo punto vira deciso così capiamo che ha sicuramente avvistato qualcosa. Ed ecco che dopo alcuni istanti finalmente anche noi notiamo il caratteristico soffio e subito dopo vediamo il dorso della balena che immergendosi ci mostra la sua magnifica coda. La seguiamo finche scopriamo che ce ne sono molte altre, almeno cinque o sei. Queste balene ci regalano momenti emozionanti ma il culmine lo raggiungiamo quando un grosso maschio inizia a fare salti fuori dall’acqua. Molto probabilmente per mostrare la sua abilità alle femmine ci cimenta portando le sue 25 tonnellate in verticale cascando poi di schiena sull’acqua producendo un enorme e altissimo spruzzo.

 

Venerdi 11 luglio 2008 – P. Lopez (Ecuador) > Lima (Perù)

La mattina presto, prima di ripartire (a malincuore) per Guayaquil, dove ci attende il volo per Lima, la capitale del Perù, decidiamo di andare ad assistere al rientro delle barche dei pescatori.

La prima cosa che notiano è che la spiaggia, pur essendo le 6 del mattino, è affollatissima. Ci sono persino delle bancarelle dove stanno già cucinando in modo tale che i pescatori al rientro dopo una lunga notte passata in mare, possano trovare di che rifocillarsi.

Quando una barca si avvicina a riva, il comandante grida alla gente quello che hanno pescato, improvvisamente decine e decine di avventori corrono in acqua per salire a bordo offrendo danaro in cambio del pescato, accapparandosi così, se il comandante accetta l’offerta, il pesce al miglior prezzo.

A riva numerosi pick up sono pronti per riempire i cassoni di quintali e quintali di pesce, siamo rimasti un po’ male quando in uno di questi abbiamo notato 9 squali, ormai morti, di circa 3 metri di lunghezza. Fortunatamente non gli erano state amputate le pinne per il mercato orientale per poi essere gettati in mare a morire, ma ci è stato assicurato che in Ecuador viene consumato tutto.

Alle 10.30 arriva il coche per accompagnarci all’aeroporto di Guayaquil dove abbiamo il volo per il Perù, spieghiamo al driver che ci rivedremo tra poco meno di un mese, quando alla fine del nostro giro sudamericano, torneremo in Ecuador per incontrarci con nostro figlio Matteo e recarci alle Isole Galapagos per fare una meravigliosa crociera subacquea tutti insieme.

Una volta atterrati a Lima e ritirati i bagagli, impieghiamo quasi 2 ore per percorrere i circa venti chilometri prima di giungere all’hotel prenotato rimanendo stupiti di quanto è grande questa città di mare sorta su di un deserto che oggi conta 9 milioni di abitanti.

Andando verso la zona residenziale di Miraflores, scopriamo che il traffico è veramente tanto, chiusi nel nostro minibus bloccati tra centinaia di auto, non possiamo non notare l’enorme quantità di locali moderni dalle mille luci, ipermercati, discoteche, concessionarie di auto di lusso, pub, night club, pizzerie per chilometri e chilometri tutti invasi da migliaia di persone. Scopriamo così una città ricca e al passo coi tempi dove però ci viene vivamente sconsigliato di passeggiare nel centro per la sua nota pericolosità. Ceniamo così nel ristorante dell’hotel, cibo ottimo innaffiato da un buon vino “tinto” cileno!

 

Sabato 12 luglio 2008 – Lima > Cuzco

Di prima mattina, trasferimento all’aeroporto di Lima, abbiamo l’aereo delle 10.30 per Cuzco. Da qui in poi non scenderemo mai più al di sotto dei 3600 metri, a parte la giornata dedicata alla visita del Machu Picchu che si trova a “soli” 2300 di altitudine.

Arrivati in hotel, notiamo subito che di fianco alla reception c’è un tavolino con un thermos di acqua calda e un piatto pieno di foglie di coca per potersi preparare il mate de coca.

Avendo letto dei suoi benefici per combattere il mal di altura, ne approfittiamo subito… prevenire è meglio che curare!!!

Il pomeriggio lo passiamo alla scoperta di questa meravigliosa città passeggiando nelle vie che ci portano alla Plaza Centrale dove ammiriamo la bellissima e imponente Cattedrale.

Continuiamo il nostro giro andando alla ricerca delle altre chiese, Cuzco ne conta ben 16, una più bella dell’altra!

 

Domenica 13 luglio 2008 – Cuzco > Pisac

Appuntamento con la nostra guida, si chiama Nilda e parla molto bene l’italiano pur non essendo mai stata nel nostro paese.

Insieme a lei, accompagnati dal nostro autista, visitiamo i siti archeolocigi circostanti Cuzco. Ci rechiamo così prima al Tempio del Sole, poi in ordine Sacsayhuaman Qenqo, Pucapucara e Tambo Machay.

Al rientro in città ci rechiamo insieme a Nilda a visitare l’interno della Cattedrale di Cuzco che avevamo avuto modo di ammirare la sera prima sapientemente illuminata come tutto il resto della piazza. Dentro è molto grande, sembrano tante chiese in una, ci mettiamo più di un’ora ad ammirare i suoi antichi affreschi.

Torniamo in albergo a recuperare i bagagli, salutiamo Nilda, con la quale ci ritroveremo tra due giorni ad Aguas Calientes per prendere insieme il bus alle 6 del mattino che ci porterà a Machu Picchu e partiamo quindi per Pisac che raggiungiamo dopo un’ora di auto.

Sistemati i bagagli nel nostro hostal in aperta campagna, torniamo immediatamente in paese perché, essendo domenica, si tiene il grande mercato settimanale.

Salutiamo il nostro autista di turno e ci immergiamo nella sua visita soffermandoci nella parte più autentica, cioè dove si vendono generi alimentari, è qui che la popolazione locale e quella proveniente dai villaggi vicini può rifocillarsi presso le bancarelle che cucinano sul posto specialità locali. Anche noi non riusciamo a trattenerci quando vediamo una signora con davanti a se una minuscola griglia sulla quale sta cuocendo degli spiedini fatti di bambù con infilzata della carne del rej con in cima una patata lessa. Ci sembrano molto invitanti, infatti si rivelano caldi e buonissimi, altro che ristorante… li divoriamo li sul posto, in piedi davanti alla signora che ci guarda divertita, insieme agli altri avventori, ovviamente tutti peruviani.

Torniamo a piedi all’hostal che dista un paio di chilometri da Pisac, per sera decidiamo di cenare nel ristorante interno visto che siamo abbastanza isolati ed una volta tramontato il sole, a queste altitudini, fa davvero tanto freddo!

 

Lunedi 14 luglio 2008 – Pisac > Aguas Calientes

Alle 9 abbiamo appuntamento con il driver che ci accompagnerà prima a visitare il complesso archeologico di Pisac, poi percorrendo la Valle Sacra arriveremo a Ollantaytambo, minuscolo paesino e sede di un grande centro cerimoniale Inca.

Da qui alle 16 prendiamo il treno per Aguas Calientes percorrendo vallate che scendendo di quota da 3600 metri arrivano a 2200, trasformandosi da paesaggi di montagna a foreste umide con vegetazione sub tropicale tanto che inaspettatamente, pur arrivando col buio, non fa per niente freddo.

Passiamo la serata passeggiando per Aguas Calientes alla ricerca di un buon posto dove gustare una bella bistecca di Alpaca finchè troviamo un posto dove notiamo che viene cucinata in un caratteristico forno a legna, decidiamo quindi di fermarci qui anche perché sta venendo tardi e l’indomani mattina dobbiamo svegliarci molto presto. Ormai sta diventando una costante alla quale però facciamo fatica ad abituarci!

 

Martedi 15 luglio 2008 – Machu Picchu > Ollantaytambo

Alle 6 in punto Nilda, la nostra guida con la quale avevamo visitato Cuzco e dintorni, arriva all’appuntamento in albergo. Ci rechiamo subito al capolinea dei bus per Machu Picchu. Incredibile, è ancora buio, per strada non incontriamo nessuno, ma quando arriviamo ai bus troviamo una fila interminabile di turisti… ma da che ora sono li?

Fortunatamente i bus partono velocemente uno via l’altro e dopo nemmeno mezz’ora riusciamo a salire anche noi.

Percorriamo una strada non asfaltata e con parecchi tornanti in salita finchè dopo circa mezz’ora si arriva all’entrata del sito archeologico.

Una sentiero pedonale con una salita talmente ripida da toglierci il fiato viene dimenticata quando finalmente ci troviamo ad ammirare il Machu Picchu in tutta la sua maestosità.

Il vantaggio di essere già qui sin dalle 7 del mattino consiste, oltre che esserci ancora pochi visitatori, anche nel poter ammirare il sito con le diverse tonalità di colore date dalla luce del sole col passare del tempo.

L’atmosfera è magica, si visita la città rimasta nascosta all’arrivo degli spagnoli scoprendo i suggestivi angoli che questo impressionante sito archeologico sa regalare.

Verso mezzogiorno la fame comincia a farsi sentire, decidiamo così di scendere ad Aguas Caliente per andare a pranzo insieme a Nilda in uno dei numerosi ristorantini per gustare qualche specialità locale.

Salutiamo Nilda ringraziandola per tutto quello che ha saputo spiegarci nella nostra lingua e passiamo il pomeriggio passeggiando per il paese fino all’ora del nostro treno per Ollantaytambo dove arriveremo verso le 22.

Al nostro arrivo non troviamo nessuno ad attenderci alla stazione, l’accordo era che, vista l’ora tarda, qualcuno dell’hostal ci venisse a prendere per accompagnarci in auto.

Ci informiamo su quanta strada avremmo dovuto percorrere a piedi, ci rispondono circa 3 km, decidiamo così di caricarci sulle spalle i nostri bagagli e di percorrere a piedi tutti e tre insieme la strada per arrivare all’hostal, fortunatamente vista l’ora tarda, ogni tanto troviamo qualche buon’anima alla quale chiedere se siamo sulla giusta strada. Arrivati in albergo stanchi ed affamati, reclamiamo per la loro mancanza nel non aver rispettato gli accordi presi in precedenza, ci viene così proposto che l’indomani sera ci avrebbero offerto una cena nel miglior ristorante di Cusco, accettiamo volentieri le scuse!

 

Mercoledi 16 luglio 2008 - Saline di Maras > Cusco

Partiamo di buon’ora per Maras famosa per le sue saline poste ad un’altitudine di 3600 metri. Percorriamo strade che si trasformano in sentieri sterrati circondati dalle cime di montagne innevate che ci regalano stupendi panorami, ogni tanto un solitario pastore con il suo gregge movimentano il paesaggio con scene di vita quotidiana come l’uomo con i suoi 6 asinelli che all’improvviso compare all’orrizzonte, man mano che ci avviciniamo notiamo che è impegnato nella trebbiatura del grano.

All’improvviso ecco che dopo una curva si presenta davanti a noi uno spettacolo meraviglioso, la parete della montagna di fronte, è completamente ricoperta da un mosaico di vasche rettangolari con i contorni bianchi e all’interno l’acqua dai colori di varie tonalità rossastre o marroni che evaporando si trasforma nel prezioso sale. Il tutto potrebbe ricordare le risaie a terrazzo che si trovano in oriente, ma qui tutto è più suggestivo se si pensa all’altitudine in cui ci troviamo, dove basta alzare lo sguardo per rimanere incantati dalla fotografia che i nostri occhi percepiscono trasmettendoci delle emozioni mai provate prima d’ora.

Proseguiamo per il sito agricolo di Moray, sempre immersi nel paesaggio delle montagne circondati da alti ghiacciai, raggiungiamo nel pomeriggio il villaggio di Chinchero dove si notano fortemente le costruzioni Inca sovrastate successivamente dalle costruzioni coloniali fra cui spicca la chiesa riccamente affrescata.

Lungo il cammino, anche nei giorni scorsi, avevamo notato che all’esterno di alcune case viene esposto un lungo bastone con in cima un pezzo di stoffa rossa oppure una borsa di plastica vuota, comunque sempre di colore rosso. Abbiamo poi scoperto che questo è il segnale che indica che in quella casa viene prodotta la chicha.

Si tratta di una bevanda artigianale leggermente alcolica in uso tra la popolazione peruviana di lingua quechua e anche in quasi tutta l’America Latina. In pratica altri non è che mais fermentato, al gusto mi ha ricordato il sapore della birra non pastorizzata. Ho chiesto infatti di poterla assaggiare, così abbiamo fatto sosta presso una casa col caratteristico segnale rosso fuori dalla porta. All’interno una donna tutta sola, evidentemente già allegra e sorridente, sedeva di fianco ad un grossa anfora di terracotta contenente appunto la chicha, dalla quale con un mestolo ha riempito due bei bicchieri dell’ancestrale bevanda Inca, accompagnandomi nel mio timido assaggio e svuotando in men che non si dica il suo bicchiere.

In serata arriviamo a Cusco dove ci attende la signora che ci accompagnerà nel miglior ristorante della città lasciando detto che la cena sarebbe stata offerta da lei scusandosi per l’incoveniente della sera prima ad Ollantaytambo.

 

Giovedi 17 luglio 2008 – Cusco > Puno

Lungo trasferimento di 10 ore in pullman fino a Puno, sul lago Titicaca!

Alle 7 siamo già alla stazione dei pullman, saliamo subito occupando i primi posti davanti in modo da gustare meglio i panorami che incontreremo strada facendo.

Partiamo da Cuzco alle 7.30 in punto, dovremo affrontare 400 km di strade tortuose prima di arrivare a Puno. Il percorso alto andino si rivela molto suggestivo costeggiando bellissime vallate e offrendoci stupendi panorami tipici della sierra.

Fortunatamente sono previste diverse soste che oltre a spezzare il viaggio ci permettono di acclimatarci lentamente all’altidudine dato che arriveremo a superare i 4000 metri sul livello del mare.

Sul percorso sostiamo quindi a Andahuayllas per ammirare la chiesa riccamente affrescata e Racki dove visitiamo un tempio Inca fortunatamente, a differenza di quelli precedenti, completamente in piano.

Dopo il pranzo, sostiamo anche al Passo La Raya, punto più alto del percorso “4400 metri” e punto di confine tra Cuzco e Puno. Nonstante il sole accecante, tira un forte vento gelido, i panorami sono mozzafiato con la catena andina completamente imbiancata dalla neve e i ghiacciai sullo sfondo!

Nel pomeriggio mi accorgo che stiamo attraversando un paesino dove si sta tenendo un caratteristico mercato andino, chiedo come siamo messi con la tabella di marcia e se ci concedono almeno una ventina di minuti per poterlo visitare. Sono attratto soprattutto dal fatto che non essendo una sosta in programma, sicuramente saremo gli unici turisti ad aver preso questa decisione ed infatti nessun altro scende dal pullman.

Il mercato, a differenza di altri, si rivela vero, autentico, senza cianfrusaglie per turisti, oltre alla frutta e la verdura notiamo i sacchi pieni zeppi di foglie di coca, montagne di lana di alpaca, cataste di legname per costruzione, nessuno ti chiama per venderti orribili oggetti di falso artigianato, al contrario qui siamo tra gente di montagna, quindi abbastanza schiva e chiusa, facciamo fatica ad ottenere il permesso di fotografare e il più delle volte gioco d’astuzia, per poter fare un primo piano magari fingo di fotografare Doni. Alla fine riesco a farmi scoprire ed un’anziana donna, giustamente, mi tira dietro una manciata di carote sbraitando le sue imprecazioni in lingua quechua… lo ammetto, me le sono meritate!

Proseguiamo per Juliaca, città di frontiera, dove ci viene spiegato che l’attività più redditizia è il contrabbando di gas, lo trasportano illegalmente dalla Bolivia dove costa molto meno.

Verso le 18 arriviamo finalmente a Puno, gelida cittadina sulle rive del lago Titicaca, il più alto lago navigabile al mondo, ci troviamo a 3800 metri sul livello del mare, d’ora in poi non scenderemo mai più al di sotto di questa quota, in Bolivia poi arriveremo a sfiorare i 5500 metri, ma ormai sin da quando siamo entrati il primo giorno in Perù, ho trovato il mio rimedio contro il mal di altura, che altri non è se non quello praticato dagli abitanti di questi luoghi, e funziona egregiamente!

Siamo in luglio inoltrato e ci pare strano di uscire dal nostro hotel per cercare un posto dove cenare, “armati” di guanti, cappello di lana, pile e giacca a vento, fortunatamente l’albergo si trova in pieno centro e non fatichiamo a trovare velocemete un locale che ci piaccia. Dopo cena un forte vento gelido ci accompagna per le vie di Puno, mai desiderato tanto essere già sotto le coperte al caldo nella nostra stanza con tanto di stufa accesa!

 

Venerdi 18 luglio 2008 – Lago Titicaca Isole Uros

Questa mattina la dedichiamo alla visita delle isole flottanti degli Uros!

Francesca oggi ha la febbre ed è stanca, non vorrebbe venire con noi due, ma io insisto dicendole che ci troviamo in un posto unico al mondo, dove chissà mai se avrà modo di ritornare. La convinco promettendole che nel pomeriggio l’avrei lasciata tranquilla a riposare in albergo sino all’indomani mattina.

Alle 8 ci rechiamo quindi al porto di Puno per salire su una lancia in servizio pubblico sul lago Titicaca per andare sulle isole galleggianti degli Uros. Si tratta di una comunità locale che vive di pesca e costruisce le proprie abitazioni su enormi spessori di canne di totora. Navighiamo per circa un’ora tra i canneti popolati da piccole anatre, ogni tanto notiamo qualche piccola barca con a bordo due o tre persone intente alla pesca, abbiamo la sensazione che siano perlopiù gruppi familiari essendoci quasi sempre un uomo e una donna e delle volte anche uno o due bambini.

Nel frattempo arriviamo a destinazione, appena scendiamo dalla barca, camminando su queste isole, si ha la strana sensazione di sprofondare in acqua al di sotto dello strato di canne, ma niente paura, rimarrà solo una sensazione! Veniamo accolti da un gruppo di donne vestite di gonne e maglie con colori sgargianti e vivaci, ci accorgiamo così che tutti i lavori di aiuto per ormeggiare la nostra imbarcazione vengono svolti da loro, degli uomini nemmeno l’ombra. Riceviamo il benvenuto ed assistiamo a momenti di vita quotidiana per capire il loro modo di vvivere e le loro abitudini.

La giornata è bellissima, si sta davvero bene sotto questo caldo sole, ma il pensiero inevitabilmente va alla sera precedente e al freddo che abbiamo patito, ci domandiamo quindi come possano resistere qui dove le loro capanne fatte di canne non offrono certamente il riparo dal freddo.

Doni e Francesca decidono di fare un giro su una delle caratteristiche imbarcazioni degli Uros fatte anch’esse con le canne del lago, ne approfitto per scattare alcune foto ad una giovane ragazza molto carina facendole dei bei ritratti.

Dopo averla salutata, a malincuore facciamo ritorno verso Puno e accompagnamo Francesca in hotel, anche io e Doni cerchiamo di riposare un po’ perché nel pomeriggio abbiamo appuntamento con una guida che ci accompagnerà a visitare Sillustani.

Verso le 14 salutiamo Francesca e scendiamo alla reception passando una ventina di minuti rispondendo alle e-mail degli amici finchè non arrivano a prelevarci per il tour.

Sillustani è un luogo cerimoniale risalente a culture pre incaiche immerso fra laghi e altipiani andini con scorci panoramici che ricordano molto la Grecia. Se fossimo stati catapultati quaggiù ad occhi chiusi, una volta riaperti avremmo scommesso di trovarci in una remota località di mare del sud Pelopponeso ed invece siamo qui sulle rive di un lago d’acqua dolce tra montagne di oltre 6000 metri!

 

Sabato 19 luglio 2008 – Puno (Perù) > Copacabana (Bolivia)

Oggi partiamo da Puno con destinazione Copacabana.

Dobbiamo attraversare a piedi la frontiera tra Perù e Bolivia con conseguente cambio di auto e di guida.

Decidiamo di “abbandonare” anche in questo hotel un paio di grossi bagagli che ci sarebbero d’impiccio nel deserto boliviano, torneremo a recuperarli il 2 di agosto quando saremo ancora di passaggio da Puno. Dobbiamo ricordarci di recuperare anche gli altri due contenenti l’attrezzatura subacquea, lasciati a Quito il primo di luglio, da dove ripasseremo il 5 di agosto.

Lungo la strada veniamo a sapere che troveremo una “feira”, cioè un mercato di tori; chiediamo di poterci fermare per vedere qualcosa di insolito seguendo le contrattazioni e nel frattempo sgranchirci un po’ le gambe.

Riprendiamo il cammino verso il confine con la Bolivia costeggiando a tratti il lago Titicaca, rimaniamo esterefatti per la sua grandezza e per la bellezza dei panorami che ricordano molto il nostro Meditteraneo. Anche qui, come il giorno precedente, ci sembra di rivedere pezzi di Grecia magicamente trasportati in Sud America a 4000 metri di altezza.

Dopo tre ore e mezza arriviamo alla frontiera ed espletate le formalità doganali peruviane salutiamo i nostri accompagnatori e attraversiamo, a piedi e con i nostri bagagli, lo spazio di nessuno!

Al di là della sbarra in terra boliviana, troviamo puntuale Wilma, la nostra guida, che ci sta aspettando e ci indica il posto di polizia di frontiera dove recarci a fare le pratiche di immigrazione in Bolivia.

Convertiamo i Soles (la moneta peruviana) in Bolivianos, la moneta locale, e raggiungiamo finalmente Copacabana, città anch’essa affacciata sulle rive del lago, dalla quale si può raggiungere facilmente l’Isla del Sol.

Una volta arrivati al lodge, rimaniamo incantati dalla sua posizione che domina tutta la baia e ancor di più quando vediamo la nostra suite. Una parete completamente di vetro, affacciata su un meraviglioso giardino fiorito, ci permette di godere di una magnifica vista sul Lago Titicaca.

Passiamo il pomeriggio camminando per le vie della cittadina andando a visitare la Cattedrale dove abbiamo assistito ad un curioso rito. Davanti alla cattedrale vengono portate delle auto ricoperte di fiori per essere benedette da uno sciamano locale, il quale per togliere il malocchio le cosparge di birra recitando delle preghiere. Le casse di birra servono anche per brindare insieme a tutti i famigliari e amici alla festa che inevitabilmente seguirà subito dopo.

Terminiamo il nostro giro passeggiando sul lungolago decisi a tornare in hotel in tempo utile per assistere al tramonto dal nostro personalissimo belvedere privato!

Decidiamo di cenare nel ristorante dell’hotel perché molto caratteristico e con piatti locali molto invitanti innaffiati da un ottimo vino rosso. Concludiamo la cena con una fonduta di frutta e cioccolato fondente che ricordiamo ancora adesso perché una volta terminata la frutta abbiamo cominciato a pucciare le dita dentro il cioccolato fuso leccandocele come farebbero i bambini.

 

Domenica 20 luglio 2008 – Isola del Sole > Yumani

Questa mattina abbiamo appuntamento con Wilma per recarci all’imbarcadero dove un taxi-boat ci attende per trasportarci all’Isla del Sol.

Dopo una navigazione di un paio d’ore abbondanti, sbarchiamo a nord dell’isola del Sole per iniziare un trekking che ci porterà fino alla punta sud. Qui la somiglianza con le coste greche è ancora più impressionante per le numerose calette che troveremo lungo il cammino.

Godiamo per la magnificienza del luogo, l’aria è pura limpida e tersa, il sole è talmente caldo che ci fa dimenticare il freddo pungente della notte, il silenzio assoluto e la mancanza di inquinamento grazie all’assenza di automobili contribuisce a rendere questo luogo unico!

Al di la della sponda opposta del lago possiamo ammirare la cornice delle alte cime delle Ande boliviane ricoperte di neve, con il Monte Jankho Uma di 6429 metri di altezza che domina su tutta la catena montuosa che segue, dando così inizio alla Cordillera Real Andina.

Durante il trekking dobbiamo fare i conti con l’altitudine, il lago Titicaca si trova a 3820 metri, inizialmente costeggiamo a piedi le rive del lago percorrendo dolci saliscendi, poi dopo circa 3 ore di cammino dobbiamo raggiungere Yumani che si trova a quota 4076 metri, dove passeremo la notte in un magnifico ed accogliente eco-lodge. Ebbene, qui devo confessare che per poter percorrere gli ultimi 100 metri, Doni è dovuta andare avanti a prepararmi un infuso di foglie di coca e ritornare indietro per farmelo trangugiare mentre io pensavo che la visione dei ghiacciai in lontananza fossero l’ultima cosa che il destino mi avesse permesso di ammirare prima di tirare l’ultimo respiro e rimanere li in eterno.

Le gambe non volevano andare avanti, il cuore impazzito pareva volesse scoppiare, i polmoni cercavano aria che non arrivava a sufficienza, sembrava di essere sott’acqua in apnea e di non riuscire a tornare in superficie per prendere fiato.

Francesca non era messa meglio di me, la testa le scoppiava fino a piangere, però è riuscita ad arrivare alla fino alla fine della salita.

Doni mi ha davvero sorpreso, con 2 zaini sulle spalle (uno davanti e uno dietro) proceveda spedita salendo con passo veloce verso la meta senza mostrare segni di fatica.

Finalmente dopo qualche minuto le foglie di coca* cominciano a fare effetto e anch’io riesco a percorrere gli ultimi metri che mi separavano dal punto di arrivo… a questo punto decido che è utile un pomeriggio di meritato riposo crogiolandomi sotto un magnifico sole!

Ottima cena in compagnia di Wilma, annaffiata da un buon riesling boliviano fatto con uve coltivate a 1850 metri!

*Considerazioni sul mal di altura

Qui apro una parentesi sul mal di altura che tanto ci preoccupava sin dalla fase progettuale di questo viaggio a causa dell’alto numero di giorni vissuti ad altitudini comprese tra i 3600 e i 5200 metri di quota.

Doni decide, fin dal primo giorno a Quito, di assumere una compressa giornaliera di cardio aspirina mentre io e Francesca non prendiamo nulla dato che in Ecuador non abbiamo intenzione di fare nessun trekking impegnativo.

Io decido di iniziare con la cardioaspirina dopo 12 giorni dalla partenza e cioè il giorno del nostro arrivo a Cuzco (3600 mt), inoltre tutti i giorni dopo pranzo bevo una tazza di mate de coca (coca tea), mai dopo cena altrimenti si rischia di non dormire a causa delle sue proprietà energetiche.

Si tratta di un infuso a base di foglie di coca che i popoli andini usano come farmaco naturale idoneo a combattere il Soroche (mal di montagna o di altura).

Devo ammettere che non ho mai risentito della fatica a parte la giornata all’Isla del Sol (Bolivia) e non ho mai avuto mal di testa da altura eccetto un pomeriggio a Pisac (Perù) dove sono arrivato in albergo con un dolore fortissimo alla testa scomparso dopo pochi minuti aver bevuto una tazza calda di mate de coca!

Francesca non ha mai preso nulla come prevenzione nemmeno alle altitudini più elevate però ha sofferto spesso il mal di testa che abbiamo curato al momento con della tachipirina.

Nonostante le temperature molto basse (-20°C) abbiamo sempre bevuto molta acqua anche se non avevamo sete, questo per aumentare l’apporto di ossigeno nel nostro organismo.

In quasi tutti gli alberghi dove abbiamo soggiornato abbiamo notato che c’era la bombola di ossigeno per eventuali emergenze ed inoltre nella reception c’è sempre un tavolino con un cestino pieno di foglie di coca ed un thermos di acqua calda per potersi preparare il mate de coca.

 

Lunedi 21 luglio 2008 – Lago Titicaca > La Paz

Purtroppo dobbiamo già lasciare questo angolo di paradiso, fortunatamente Doni questa mattina si è svegliata molto presto, verso le 5.30 mi chiama dicendomi di prendere la macchina fotografica e di raggiungerla per guardare fuori dalla finestra.

Assistiamo così ad una delle più belle albe mai viste prima d’ora, un’amalgama di colori indescrivibili si fondono con l’acqua del Titicaca e la Cordillera Real Andina boliviana in controluce, ragazzi che spettacolo!!!

Dopo colazione ci incamminiamo per la lunga discesa che conduce all’imbarcadero dove ci attende il motoscafo che dall’ Isola del Sole ci riporterà a Copacabana. Questa mattina, a differenza di ieri, il lago non è molto tranquillo, c’è aria e si formano delle discrete onde che sommate alla vastità del Titicaca danno l’impressione di trovarsi a navigare in mare, tanto che mi illudo da un minuto all’altro di vedere dei delfini saltare fuori dall’acqua!

Ci pensano le alte vette ghiacciate a ricordarmi che stiamo navigando nel più alto e vasto lago del mondo.

Giunti a Copacabana troviamo puntuale l’auto che ci porterà in circa tre ore a La Paz, capitale della Bolivia.

La sua periferia, che si può definire un’altra città, si chiama El Alto e si trova a poco più di 4000 metri sul livello del mare, mentre il centro di La Paz si trova a 3600 metri.

Tutt’intorno il panorama è stupendo e dominato dalle vette della Cordillera real boliviana.

Fortunatamente il nostro hotel si trova in centro nella parte bassa della città

Una volta sistemati i bagagli in camera salutiamo Wilma, poi io e Doni usciamo alla ricerca di un locale dove cenare, ma nei dintorni dell’albergo non troviamo niente di tipico mentre si possono contare a decine i posti dove servono il pollo fritto che qui a La Paz sembra avere molto successo.

Decidiamo così di tornare in hotel a prendere Francesca per cenare in uno di questi, per nulla caratteristici locali spendendo in tre persone, la bellezza di 6 dollari americani**.

**Considerazioni sui pasti

Apriamo una parentesi anche per quanto riguarda il cibo. Spendere 6 usd in tre persone per cenare potrà sembrare pochissimo, in realtà in Ecuador abbiamo provato a pranzare con tre dollari in tre (zuppa di pollo, carne asada, riso, patatine fritte, pomodori e insalata) ed in Perù 50 centesimi di dollaro per un lungo spiedo di carne di alpaca grigliata e infilzata su un pezzo di canna di bambù acuminata con in cima una patata lessa intera, una vera leccornia… totale 1 dollaro e 50 centesimi in tre.

Per dovere di cronaca, ci tengo a precisare che cenando negli hotel o nei ristoranti, si spendono in media 8 dollari a persona che salgono a 12 se si ordina una bottiglia di vino.

In Ecuador abbiamo bevuto esclusivamente vino cileno mentre in Perù vino sia cileno che peruviano. Una sera in Bolivia abbiamo degustato un Cabernet Sauvignon rosso di 14° proveniente dal Cile (Casillero del Diablo) ed in un’altra occasione un Riesling bianco di 13,5° prodotto in Bolivia con uve coltivate a 1850 metri di altitudine.

Una curiosità, in Ecuador, Perù e Bolivia abbiamo sempre pagato una bottiglia di vino cileno una cifra media di 10 dollari. In Cile per la stessa etichetta di vino (cileno) ci hanno chiesto 32 dollari… mah!!!

La cerveza è buona ovunque e sempre a buon mercato. In genere si tratta sempre di birra locale e può accompagnare tranquillamente qualunque pasto.

Sembra che i sudamericani abbiano un debole per la birra, nei fine settimana o durante le feste di paese ho visto famiglie intere in piazza ognuna con le sue belle cassette di bottiglie grandi di cerveza abbandonarsi in allegri balli accompagnati dalla caratteristica musica andina.

 

Martedi 22 luglio 2008 – La Paz > Oruro > Uyuni

La giornata odierna è completamente dedicata ad un grande spostamento che dal nord della Bolivia ci porterà verso sud.

Di primo mattino ci rechiamo al terminal dei bus per prendere il pullman delle 10 che da La Paz dopo 3 ore arriverà ad Oruro.

Una volta giunti ad Oruro andiamo alla stazione per prendere il treno “Expreso del Sur” delle 15.30 che arriverà alle 22.30 ad Uyuni.

Durante il tragitto si attraversano paesaggi sconfinati e lagune dove vivono migliaia di fenicotteri rosa che prendono il volo al passaggio del treno.

Purtroppo viene buoio abbastanza presto e gran parte del viaggio diventa monotono; a ravvivarlo ci pensa un venditore di pollo arrosto che diffondendo il suo profumo ci fa venire voglia di provarlo, inutile dire che era davvero ottimo!

Una volta arrivati alla cittadina di Uyuni ci rendiamo conto di quanto sia cambiata la temperatura, man mano che scendiamo verso sud il freddo diventa sempre più pungente. Fortunatamente in 5 minuti di taxi raggiungiamo l’hostal Tambo Aymara dove un ometto coperto di tutto punto ci attende per darci le chiavi della nostra stanza, fortunatamente con il riscaldamento già acceso. Stanchi del lungo viaggio ci infiliamo sotto i piumoni senza nemmeno togliere il cappello di lana passando così una buona nottata dormendo sino al suono della sveglia!

 

Mercoledi 23 luglio 2008 – Uyuni > Villamar

Oggi inizia il tour in fuoristrada 4x4 che da Uyuni ci porterà a fare tappa per la notte al villaggio di Villamar regalandoci panorami di rara bellezza.

Dopo aver caricato il Toyota Land Cruiser di tutto il necessario per l’attraversamento del deserto, tra cui taniche di gasolio di riserva, acqua, bombole di gas, fornelli per cucinare, provviste di cibo, bevande varie, coperte e quant’altro possa servirci, passiamo a prendere Eleonora la cocinera, cioè la signora che si occuperà di cucinare durante il tragitto, la quale porta con se anche il suo bimbo di 3 anni e mezzo.

Finalmente partiamo ma non passano nemmeno 15 minuti che siamo già al cimitero delle locomotive abbandonate qui sin dal 1925.

Scattate le foto di rito si parte, questa volta sul serio, per un lungo tragitto su piste sterrate con la bussola che punta decisa verso sud!

Ovunque lama e vigogne rallegrano un paesaggio solitario dove non incontriamo anima viva, chi non è mai stato qui non può immaginare l’immensità di questo scenario.

Attraversiamo il Rio Grande completamente ghiacciato e dopo alcuni chilometri facciamo sosta al villaggio di San Cristobal, qui c’è da visitare una grande chiesa con affreschi molto belli. La troviamo chiusa ma Freddy, il nostro autista, riesce a trovare in giro per il paese il custode con le chiavi e farcela aprire; una volta entrati, rimaniamo stupiti dalla controsoffittatura in legno di cactus e dall’altare così finemente lavorato domandandoci come possa trovarsi qui in un luogo così remoto e isolato.

Quando salutiamo e ringraziamo, ci sentiamo rispondere dal custode che è lui a ringraziare noi per essere giunti sin qui facendo sosta per ammirare gli interni della chiesa.

Proseguiamo lungo la pista sterrata fino a giungere all’abitato di Culpina K all’ora di pranzo, dal tetto del Toyota vengono scaricati i fornelli, le bombole del gas e le provviste così che la cocinera ci possa preparare l’almuerzo a base di sopa de quinoa, bistecche e pomodori.

La quinoa è un cereale andino piatto base nella dieta Inca coltivata da migliaia d’anni e largamente usata non solo in Bolivia ma anche in Perù. Con la quinua si prepara sia la farina che la pasta, contiene molte più proteine che qualsiasi altro grano.

Nel frattempo noi andiamo verso la piazza attratti dalla musica proveniente da una grande casa, che scopriamo poi essere la “Sede Sociale”, veniamo così a sapere che è in corso una festa di matrimonio.

Mentre dalla porta con discrezione facciamo un paio di fotografie, senza rendercene conto, ci ritroviamo con in mano una coppa di spumante e veniamo invitati ad entrare per brindare agli sposi.

Un gruppo musicale sta cantando e suonando musica andina mentre gli sposi ballano insieme ad amici e parenti, mi piace filmare un po’ di questa timida allegria dove tutti sono composti ed educati trasmettendo valori da noi perduti nel tempo.

Torniamo da Eleonora per l’almuerzo (il pranzo) che abbiamo gustato con piacere, specialmente la quinoa davvero buonissima, complimenti alla cuoca che con i pochi mezzi a disposizione è riuscita a prepararci un ottimo pranzo.

Una volta ricaricato tutto sul tetto del fuoristrada ripartiamo attraversando la zona del Rio Grande che guadiamo più volte, nonostante il sole alto l’acqua è ancora ghiacciata in più punti,

Ad un certo punto Freddy, avendo notato la mia passione per la fotografia, mi dice di scendere per riprendere il 4x4 mentre guada il fiume e che poi avrebbe abbandonato la pista principale per prendere una deviazione portandoci in un posto segreto e farci una sorpresa.

Dopo 10 minuti di cammino il paesaggio cambia completamente e la pampa alla quale eravamo abituati si trasforma in un roccioso e profondo canyon con tanto di fiume che serpeggia giù in basso nel fondovalle.

A piedi veniamo accompagnati verso la sommità di uno di questi canyon, rimaniamo così stupiti dallo spettacolo che si apre centinaia di metri sotto di noi. L’aria pura e frizzante ci fa assaporare meglio lo spettacolo del fiume che si apre la sua strada nel terreno roccioso.

Verso le 17 arriviamo a Villamar, passiamo senza fermarci davanti al nostro hospedaje “Las Piedritas” perché il nostro bravo autista ci dice che, dato che c’è ancora luce, ci porta oltre per vedere le pitture rupestri che sinceramente non ci aspettavamo di trovare da queste parti.

Al nostro ritorno all’hospedaje il sole sta ormai tramontando ed il freddo si fa strada all’interno delle nostre giacche a vento, ci sono solo 4 stanze senza riscaldamento e un locale comune con un paio di tavoli dove consumare i pasti fortunatamente provvisto di una piccola stufa a legna. Ceniamo così al calduccio ma nonostante Doni l’avesse provvidenzialmente ricaricata di legna prima di andare a dormire, il calore che emana non dura molto ed in ogni caso è rimasto tutto nel locale comune obbligandoci a dormire vestiti e con addosso i guanti e la berretta di lana.

 

Giovedi 24 luglio 2008 – San Pedro de Acatama (Cile)

Sveglia alle 6, colazione e partenza per il Chile insieme a Freddy, sua moglie Eleonora e il loro bimbo Luis fernando.

Lungo viaggio completamente su pietraie massacranti che ci obbligano ad un’andatura lenta ma sempre circondati da vette imponenti dalle forme e dai colori plasmati e amalgamati dalla natura con la vetta del vulcano Licancabur (5960 m.) che dominando su tutto non ci abbandona mai accompagnandoci sino in Cile.

Arrivati al confine scopriamo che la dogana boliviana altro non è che un piccolo gabbiotto molto freddo con all’interno un paio di ufficiali che si occupano uno per l’immigrazione e l’altro per l’emigrazione, ovviamente facciamo la fila sbagliata e così dobbiamo rimetterci in coda prima di riuscire ad espletare le formalità doganali boliviane.

Salutiamo Freddy e famiglia dandoci appuntamento qui per il 26 di luglio, attraversiamo quindi a piedi la frontiera, ed al di la di un piccolo fossato che non permette alle autovetture di passare troviamo l’antipatico autista del mezzo che ci condurrà a San Pedro de Acatama, il quale ci spiega che dovremo fare circa un’ora di strada prima di arrivare alla dogana cilena e che in soli 20 minuti una discesa dritta e pericolosa ci farà passare da 4000 a 2000 metri sul livello del mare.

Prima di entrare nella cittadina di San Pedro espletiamo le lunghe formalità doganali cilene scoprendo che sono talmente minuziose al punto da far camminare un cane antidroga sui nostri bagagli che poi vengono aperti tutti e controllati minuziosamente.

E’ persino vietato introdurre in Chile la frutta fresca che abitualmente portiamo con noi e per evitare una forte multa anziché gettarla via ci siamo messi tranquillamente a mangiarla davanti ai doganieri, poco male… era quasi ora di pranzo!

Sulla porta Doni nota tra gli altri un adesivo raffigurante un’immagine famigliare, me lo indica ed io esclamo: Stefanoooo backpacker!!!

Si tratta di un ragazzo conosciuto un paio d’anni prima, anche lui con un sito di viaggi che è stato 3 mesi in Sud America l’anno precedente… vado dal doganiere per chiedergli del nastro adesivo e gli affianco un biglietto del nostro sito internet pinuccioedoni.it poi gli scatto una foto che gli invierò per e-mail una volta rientrati a casa, ci è parsa un’idea carina dal momento che ci troviamo a circa 11000 km dall’Italia.

Sistemati i bagagli nel nostro bungalow, passiamo il pomeriggio passeggiando per S. Pedro de Acatama alla ricerca della sua bianca chiesetta scoprendo che si tratta di un paesino molto frequentato e animato da un turismo giovanile e cosmopolita.

Essendo sorto sul deserto de Acatama, di giorno fa molto caldo ma la sera appena tramonta il sole ed in particolare la notte la temperatura scende sotto lo zero, fortunatamente il nostro bungalow è fornito di stufa a gas al contrario della notte precedente che eravamo senza riscaldamento.

Usciamo a mangiare un boccone e poi subito a nanna perché domani ci attende una gornata molto intensa!

 

Venerdi 25 luglio 2008 – Geyser del Tatio > Valle della Luna

Sveglia alle 3.45 e appuntamento con il coche alle 4.10 per partire alla volta del Geyser del Tatio che si trova a 100 km di strada sterrata da S. Pedro de Acatama.

Da 2000 metri risaliamo a 4400 metri di altitudine dove arriviamo verso le 7 del mattino. Scesi dal furgone troviamo una temperatura di meno 17°C.

Una botta da non credere, un’esperienza che non avevamo provato prima d’ora, un conto è essere al riparo tra quattro mura ed un altro è trovarsi all’aperto con questa temperatura.

Siamo stra-coperti ma tremiamo vistosamente per il freddo!

Il nostro alito si confonde con i vapori prodotti dai numerosi geyser che ci circondano.

Lo spettacolo è affascinante, peccato che dopo appena una decina di scatti la mia nuova Canon 40D smette di funzionare, il display mi indica che si tratta di un problema alla scheda di memoria e mi suggerisce di formattare.

La cosa mi preoccupa parecchio perché essendo la scheda molto capiente, 16 GB di memoria, su di essa ci sono memorizzate tutte le foto scattate sin dal primo giorno in Sudamerica, poco più di 3000 immagini!

Decido di aspettare che esca il sole in modo che la temperatura si alzi prima di prendere qualunque decisione in merito, nel frattempo continuo ad usare il “muletto”, l’altra macchina fotografica Canon S80, che nonostante il freddo intenso funziona egregiamente.

Riesco così a fotografare le piscine naturali di acqua calda dove i più coraggiosi e temerari entrano per un bagno termale, il vero problema sarà dopo, quando usciranno troveranno una temperatura ancora sui –10 gradi centigradi.

Non so se quello che è successo può dipendere dal fatto che le due macchine hanno due differenti schede di memoria… la 40D adopera le Compact Flash, mentre la S80 usa le SD Card, mi viene da pensare che una sia più resistente dell’altra alle basse temperature, questo pensiero mi fa venire un’idea.

Estraggo quindi la Compact Flash dalla macchina, è gelida, ho il terrore di aver perso tutte le immagini dell’Ecuador, del Perù, della Bolivia oltre alle ultime scattate qui in Chile.

Tengo la memory card stretta nel palmo della mano per alcuni minuti, Doni dice sempre che anche in pieno inverno ho le mani molto calde, ogni tanto cambio mano finchè sento scomparire l’effetto del gelo.

A questo punto la reinserisco nella Canon, guardo l’ora, sono le 10.30, il sole ormai ha scaldato anche il corpo macchina… l’accendo… magia, tutto sembra tornato alla normalità, non compaiono più messaggi preoccupanti sul dispay.

La macchina fotografica funziona perfettamente e, cosa più importante, le 3000 foto ci sono ancora tutte… ma che spavento che mi sono preso!

Lungo il tragitto che ci riporta a S. Pedro de Acatama, facciamo una sosta per visitare il caratteristico Pueblo di Machuca camminando nell’unica via sterrata, le case in pietra sono molto basse ed hanno i tetti fatti con lunghi fili d’erba.

Non c’è in giro quasi nessuno, dalla parte opposta del Pueblo prendiamo una salita che ci porta ad una bella chiesetta bianca, all’interno un giovane prete sta tenendo messa agli abitanti del piccolo villaggio. Ci colpisce come si rivolga verso le persone ad una ad una coinvolgendo tutti e trasmettendo un senso di calma e di pace.

Verso le 13 siamo di ritorno a San Pedro, Doni e Francesca vanno a cercare qualcosa da mangiare mentre io preferisco riposare un po’ nel giardino del campeggio approfittando del sole caldo per ritemprarmi del freddo patito durante la notte al geyser del Tatio.

Alle 15 ripartiamo per andare a visitare la Valle della Luna e la Valle della Morte.

I paesaggi che ammiriamo sono talmente surreali che sembra di essere su di un altro pianeta. Bellissime e strane formazioni rocciose si alternano alle dune del deserto dando forma a panorami stupendi mai visti prima in nessun altro posto al mondo.

Lasciamo la Valle della Muerte per tornare alla Valle della Luna dove ci arrampichiamo su una grande duna per sistemarci su di uno sperone roccioso dal quale possiamo ammirare uno spettacolare tramonto con il lontano vulcano Licancabur sullo sfondo a ricordarci che domani ritorneremo in Bolivia!

E’ ormai buio quando torniamo nella vivace S. Pedro, una doccia e poi fuori di nuovo al freddo notturno, rieccoci imbacuccati nella nostra giacca a vento alla ricerca di un ristorantino dove cenare, pensando che bisogna essere matti il 25 di luglio venire fin qui per patire così tanto freddo anziché essere in qualche calda località di mare!

 

Sabato 26 luglio 2008 – Laguna Verde > Laguna Colorada (Bolivia 2)

Questa mattina si torna in Bolivia ripercorrendo esattamente la stessa strada che ci ha portati quaggiù (si fa per dire… siamo pur sempre a 2000 metri sul livello del mare) a San Pedro de Acatama.

Il furgone fatica a salire, si spegne numerose volte, la strada che ci riporta a quota 4000 è lunga e dritta con una pendenza impressionante. Alla fine, dopo aver percorso gli ultimi metri a piedi, rieccoci nella piccola casupola a rifare l’immigrazione in Bolivia.

L’appuntamento con Freddy e famiglia è qui alla frontiera, il piccolo Luis Fernando è contento di rivederci, sembra che nel frattempo abbia perso la timidezza dei primi giorni e ci fa una festa incredibile; anche noi siamo felici di rivederlo, è veramente simpatico e bravo, affronta ore di fuoristrada senza mai fare i capricci.

Siamo contenti di essere tornati in Bolivia e di essere di nuovo a bordo del “nostro” confortevole Toyota Land Cruiser 4x4 guidato egregiamente dal simpatico Freddy, autista molto esperto con 8 anni di deserto e salar sulle spalle.

Per lui è normale abbandonare le piste, improvvisa correndo su sabbia o su pietraie senza mai perdere l’orientamento; ci racconta che da piccolo seguiva sempre suo padre, autista di camion nelle miniere di boro e di zolfo, imparando così a conoscere queste zone come le sue tasche. Proprio quello che sta cercando di trasmettere al piccolo Luis portandolo con se nei raid tra le lagune del deserto.

La giornata è molto intensa, appena finite le formalità doganali e pagata la tassa d’ingresso in Bolivia partiamo dirigendoci verso la Laguna Blanca che costeggiamo fino a superare un guado con un rigagnolo d’acqua continuando poi sino alla Laguna Verde che si trova ai piedi dell’imponente vulcano Licancabur (5960 m.).

Dapprima ci fermiamo in un punto dove la laguna è completamete ghiacciata per scattare alcune simpatiche foto con noi che giochiamo scivolando sul ghiaccio.

Fotografiamo anche un ragazzo proveniente dagli Stati Uniti con la promessa che avrebbe trovato la sua foto pubblicata nel nostro sito internet.

Saliamo poi su un pendio per assistere dall’alto ad un fenomeno che si verifica quotidianamente.

Abbiamo appena lasciato il Cile, siamo tornati in Bolivia percorrendo piste che si snodano tra i 4 e i 5000 metri. Dopo un paio d’ore si apre dinnanzi a noi uno spettacolo della natura che ci lascia ammutoliti, qualche minuto prima di mezzogiorno la Laguna Verde si trasforma ed il colore delle sue acque si tramuta come d’incanto da un cupo verde oliva ad un vivo e acceso verde smeraldo con riflessi turchesi, rimaniamo incantati di fronte a questo spettacolo magico!!!

A malincuore lasciamo questo luogo che ci ha regalato intense emozioni.

Ma oggi le emozioni saranno destinate a susseguirsi una dopo l’altra, stiamo infatti per entrare nel Deserto di Dalì, così chiamato per le sue forme e i suoi colori da far rimanere senza fiato. E’ impressionante come la natura, quando lasciata libera di esprimersi, riesca a modellare il nostro pianeta Terra con forme e colori così armoniosi da sembrare irreali.

Salendo di quota si arriva poi alla Laguna Salata (4885 mt.) e qui buchiamo una ruota della jeep che Freddy sostituisce in meno di 10 minuti.

Poco dopo siamo ai Geyser Sol de Manana (5000 mt.) dove in grandi buche vediamo ribollire lo zolfo che con i suoi vapori impregna l’aria circostante rendendo il luogo molto suggestivo.

Passiamo poi da un puntochiamato Apachete, qui fotografo Doni mentre pone una pietra sopra un muretto perché ci troviamo nel punto più alto del nostro tour, 5025 metri sul livello del mare.

Stiamo tutti bene, nessun malore e niente mal di testa.

Proseguiamo fino ad arrivare alla Laguna Colorada, lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi ci lascia ancora una volta senza parole… è completamente rosa!!!

L’acqua prende un colore rossastro grazie ad un minerale del quale è composto il fondo e viene intensificato dai grandi assembramenti di Flamencos di cui la laguna ne è piena.

Proprio sulla riva della laguna stanno pascolando dei lama, non mi lascio scappare l’occasione di fare alcuni scatti con la mia Canon.

Percorriamo poi molti chilometri di pietraie nel magnifico Deserto del Siloli fino a giungere al caratteristico albero di pietra o albero di roccia.

Dopo le foto di rito continuiamo fino a giungere all’hotel del deserto, isolato e manco a dirlo, senza nulla intorno.

E’ molto caratteristico, anche le camere sono tutte in pietra, belle e spaziose. Rimaniamo però esterefatti quando veniamo a sapere che Freddy, Eleonora e il piccolo Luis avrebbero dovuto passare la notte al freddo dormendo in macchina, con una temperatura notturna sotto lo zero di parecchi gradi, perché l’albergo gli avrebbe dato una camera solo dietro pagamento di 10 dollari, ma per loro sono parecchi soldi. Non esitiamo quindi a pagare per loro, non avremmo mai potuto accettare una cosa simile sapendo che all’esterno ormai c’erano –10 gradi. Li invitiamo anche a cena al nostro tavolo passando così una piacevole serata insieme.

 

Domenica 27 luglio 2008 – Deserto > Ruta de Las Joyas

Lasciamo il Deserto del Siloli ammirando la montagna dai 7 colori per raggiungere la Ruta de Las Joyas. Si tratta di una serie di laghi, situati a 4115 metri di altezza, popolati da numerosi fenicotteri rosa e i vulcani Ollangue e Tomasamil sullo sfondo.

Siamo nel Deserto di Ramaditas, incontriamo per prima la Laguna Honda, poi la Laguna Chiarkkota e la Laguna Hedionda, infine raggiungiamo la laguna Kanapa dove facciamo sosta per il pranzo.

Nel pomeriggio Freddy ci accompagna in un punto dove possiamo ammirare il Vulcano Ollangue, è attivo, si vede molto bene la cima che fuma!

Da qui procediamo verso il Salar Chiguana, attraversiamo poi il Pueblito Cabrera, zona militare vicinissima al Chile, per raggiungere verso sera l’hotel de piedra situato alla periferia del piccolo villaggio di San Pedro Quemez.

Anche questo albergo è molto caratteristico e ricorda molto l’hotel del desierto anch’esso tutto in pietra, nella sala ristorante c’è un enorme masso, sembra che tutto sia stato costruito intorno a questa grande roccia. Cena a base di sopa de quinoa e carne di lama.

 

Lunedi 28 luglio 2008 – Isla de Incahuasi > Salar de Uyuni

Partiamo da S.Pedro Quemez con destinazione Salar de Uyuni, il deserto di sale più grande del mondo.

Circa a metà strada prendiamo una deviazione per un fuori programma; due avventurieri boliviani nel 2003 scoprirono una grotta che loro battezzarono “La Cueva de Galaxia” in quanto al suo interno sono presenti delle magnifiche quanto surreali formazioni di alghe pietrificate che creano un paesaggio extra terrestre.

In una seconda caverna invece, si trovano delle tombe con dei resti umani e le offerte ai defunti consistenti in foglie di coca e oggetti vari.

Riprendiamo la pista per il Salar de Uyuni che raggiungiamo dopo un paio d’ore, il contrasto del cielo con il bianco del salar è fantastico.

Al centro del salar si trova l’isola Los Pescados e l’isola de Incahuasi (Inca Huasi – casa degli Inca) ricoperte di cactus centenari.

Mentre Eleonora ci prepara l’almuerzo, decidiamo di visitare quest’ultima salendo fino in cima alla collina che sovrasta l’isla de Inca Huasi.

I cactus sono davvero molti ed enormi, altissimi, alcuni hanno centinaia d’anni, ne troviamo uno che addirittura di anni ne ha 900!

Ancora un avolta rimaniamo stupefatti dalla magia della natura che inspiegabilmente ha creato questa montagna di pietre, rocce e cactus giganti nel bel mezzo di un deserto di sale che si estende per chilometri e chilometri.

Dopo pranzo ci divertiamo a scattare alcune simpatiche foto, grazie alla mancanza di orizzonte si riescono a creare curiose composizioni giocando con la prospettiva.

Entriamo talmente in sintonia con Freddy che quando gli chiedo se posso guidare io il grosso Toyota Land Cruiser, mi da le chiavi senza problemi, probabilmente non ne poteva più di guidare… ormai sono cinque giorni che non fa altro!

Ci dirigiamo poi verso il caratteristico hotel di sale, costruito interamente con blocchi di sale squadrati a forma di mattoni con i quali sono stati modellati anche tavoli, sedie e letti oltre che le pareti delle stanze e dei muri esterni, incredibile qui tutto è di sale!

Uscendo dal salar incontriamo il Pueblo di Colchani i cui abitanti di dedicano alla raccolta del sale il quale con tanta fatica e sudore con un piccone ed una pala viene accumulato in numerose montagnette per essere portato al pueblo. Qui andiamo a far visita ad una famiglia che si occupa del processo di essicazione e confezionamento del sale per essere poi venduto in tutta la Bolivia.

Proseguiamo per Uyuni che raggiungiamo verso sera, qui purtroppo termina il nostro giro del deserto e del salar e ci tocca salutare a malincuore Freddy, Eleonora e Luis Fernando ai quali dopo una settimana passata insieme ci eravamo ormai affezzionati.

Ci lasciano all’hostal Tambo Aymara da dove eravamo partiti sette giorni prima, una volta sdocciati ed accesa la stufa in camera, usciamo per godere delle ultime ore di luce girovagando e andando alla ricerca di un posto dove sfamarci.

In fondo ad una strada notiamo un uomo che sul marciapiede sta iniziando a mettere su di una grossa griglia una quantità impressionante di carne di ogni tipo, chiediamo e ci spiega che ci sono pezzi di carne di lama, di alpaca, di porco o se preferite di maiale, di pollo, di mucca e di toro.

Decidiamo che vista la quantità e la qualità, devono avere un bello smercio di carne, quindi è deciso si prenota qui… chissenefrega se fuori non ha un nome e non è menzionato sulle guide, chissenefrega se non è un ristorante con tovaglia e tovaglioli, chissenefrega se è frequentato solo da popolazione locale che si ferma per cena dopo ore e ore di duro lavoro, va bene così, è ruspante e vero come piace a noi, appuntamento a tra due ore… hasta luego amigo!!!

 

Martedi 29 luglio 2008 – Cordillera de Los Frailes > Potosì

Appuntamento alle 9.30 per partire alla volta di Potosì che avremmo dovuto raggiungere dopo 6 ore abbondanti di fuoristrada.

Attraversiamo la Cordillera de Los Frailes incontrando panorami completamente diversi da quelli visti fin’ora.

Vette rocciose si alternano a vallate con lunghi fiumi, dal nulla compaiono all’improvviso grandi e alte dune di sabbia che ci paiono molto strane a queste altitudini.

Lungo il percorso facciamo una piccola sosta a Pulacayo dove stazionano vecchie locomotive dei primi del novecento.

Sono in minor numero rispetto a quelle più famose del cimitero di locomotive di Uyuni ma tenute sicuramente in miglior stato di conservazione.

Da qui in poi il viaggio ancora lungo, non si rivela dei migliori, i 200 km di strada per Potosì si rivelano essere una pista completamente sterrata. Ad un certo punto il fuoristrada smette di funzionare normalmente, il gasolio sicuramente mischiato ad acqua ha sporcato il filtro.

Il nostro nuovo driver approfitta della sosta pranzo per infilarsi la tuta da meccanico e smontare il filtro del gasolio per la necessaria pulizia.

Siamo nel letto di un fiume quasi asciutto e di tanto in tanto qualche pastorello passa di li con le sue pecorelle oppure qualche donna porta della legna sulle spalle seguita dai suoi lama, dei bimbi si fermano a guardarci mentre mangiamo, come non si può dividere con loro il nostro cibo? Ringraziano e nascondendo sotto al maglione quello che Doni gli porge si allontanano timidamente di qualche metro scegliendo un angolino dove mangiare.

Poco dopo essere ripartiti il problema si ripresenta e l’auto ricomincia a procedere a singhiozzo in quanto il serbatoio è pieno di gasolio sporco d’acqua.

Quando finalmente, dopo l’ennesima sosta e l’ennesiama pulizia del filtro, il Toyota sembra funzionare normalmente, subito dopo una curva stretta ci troviamo davanti in mezzo alla strada un lama che ci costringe ad una brutta frenata provocando la rottura dei freni anteriori.

Qui in Bolivia, più che altrove, un autista deve essere anche un buon meccanico, non esiste il carro attrezzi e le distanze sono lunghissime in luoghi desertici senza possibilità di trovare assistenza. Inoltre se si cerca di fermare qualcuno dei rari automezzi per chiedere soccorso, si riceve in cambio una brusca accelerata perché la gente ha paura che si tratti di un’imboscata.

E così, dopo una sosta di oltre due ore, vengono sostituiti dischi, pastiglie dei freni e rimontate le ruote anteriori.

Viste le difficoltà incontrate lungo il percorso e nella riparazione, ripartiamo senza nascondere il timore di aver corso il pericolo di passare la notte in auto a meno 15 gradi.

Finalmente a sera inoltrata e con mezza giornata di ritardo giungiamo a Potosì dove sotto un cielo plumbeo tiriamo un sospiro di sollievo.

 

Mercoledi 30 luglio 2008 – Potosì > Sucre

Non è stata una buona nottata, mi ha tenuto sveglio il pensiero di andare in mattinata a visitare le miniere di Potosi e sapere che ci saremmo trovati a tu per tu con dei bambini che lavorano all’interno ad una temperatura di 42°. Durante l’agitazione del dormiveglia ho potuto riflettere su quanto sia ignobile e disumano tutto questo, inoltre mi sono chiesto se fosse stato giusto andare ad alimentare un mercato dove i turisti pagano per vedere questa triste realtà scattando foto ricordo da mostrare agli amici senza pensare che i bambini vengono usati perché più resistenti alla fatica del lavoro in miniera a 4000 metri di altitudine.

Non nascondo il sollievo provato quando sento squillare il telefono cellulare del nostro accompagnatore.

Ormai eravamo seduti da una decina di minuti sull’automezzo che ci stava trasportando alla miniera e mi stavo chiedendo a come avrei reagito alla vista dei bimbi minatori, quando la nostra guida riceve una telefonata dove gli viene comunicato che dovevamo uscire immediatamente dalla città di Potosì. Consiglio che accettiamo volentieri pena il rischio di rimanere bloccati per un numero di giorni indefinito a causa delle manifestazioni per il referendum del 10 agosto. I manifestanti bloccano le entrate e le uscite delle città, in particolare quelle di Sucre (nostra prossima meta) e Potosì. E’ importante per noi riuscire ad arrivare a Sucre perché qui c’è l’aereoporto grazie al quale diventa più facile raggiungere La Paz e da li uscire dalla Bolivia per rientrare in Perù.

Grazie alla provvidenziale telefonata riusciamo ad abbandonare Potosi prima che i manifestanti riescano ad organizzarsi ma dopo un paio d’ore, arrivati ormai a 10 km dalla città di Sucre, troviamo un blocco costituito da montagne di terra, detriti, pietre e alberi abbattuti che ci impedisce di proseguire oltre.

A questo punto il conducente del nostro taxi, molto astutamente telefona ad un collega amico che si farà trovare con la propria auto al di là del posto di blocco.

Per noi l’unico inconveniente è rappresentato dal fatto che dovremo oltrepassare la zona delle proteste percorrendo a piedi con tutti i nostri bagagli circa un chilometro fino alla fine delle barricate.

Riusciamo così a raggiungere Sucre scoprendo che è una bellissima città coloniale, dicono essere la più bella della Bolivia, ma che tristezza per gli abitanti che stanno vivendo sequestrati all’interno di essa!!!

 

Giovedi 31 luglio 2008 - Sucre

Insieme alla nostra guida, che inaspettatamente parla italiano, andiamo alla scoperta della città di Sucre.

Iniziamo dal bellissimo Convento della Recoleta dove vivono dei frati Francescani, alcuni in totale clausura, infatti all’interno troviamo dei cartelli dove viene segnalata la zona della clausura nella quale logicamente a noi è vietato entrare.

Continuiamo la visita recandoci al museo dei tessuti per capire la differenza dei disegni impressi sui vestiari delle comunità indigene, davvero molto interessante.

Nel pomeriggio ci rechiamo al museo della rivoluzione e poi al mercato perché è sempre interessante ed è il luogo dove è più facile avere scorci di vita locale.

Verso sera saliamo sul campanile della chiesa di San Filippo Neri da dove si gode di un bel panorama della città e dal quale assistaiamo al tramonto del sole dietro le montagne che circondano Sucre che si trova a 2700 metri di altezza.

Verso sera sfortunatamente vediamo un telegionale scoprendo che i disordini si stanno espandendo in tutta la Bolivia, quasi contemporaneamente riceviamo una telefonata dove veniamo informati che il nostro aereo dell’indomani non partirà alle 11 ma sarà spostato alle 14.

A questo si aggiunge anche l’ansia di non riuscire a raggiungere l’aereoporto a causa dei blocchi e delle agitazioni cittadine, chiediamo così al nostro interlocutore di avere un’auto il prima possibile in modo di andare al più presto a vedere com’è la situazione. Rimaniamo d’accordo che alle 9.30 un taxi ci verrà a prelevare direttamente in albergo.

Passo metà della nottata al computer, scrivere delle e-mail agli amici in Italia mi aiuta a rilassarmi un po’… non sono tranquillo, sento che qualcosa andrà storto… con tutte queste variabili la percentuale di rischio aumenta e ormai sono pronto al peggio… rimanere in Bolivia a tempo indeterminato è una delle possibilità da mettere in conto e già vedo sfumare l’appuntaneto in Ecuador con nostro figlio Matteo con il quale ci dovremo incontrare il 5 di agosto a Quito.

 

Venerdi 1 agosto 2008 – Sucre > La Paz

Puntuale alle 9.30 il nostro taxi ci viene a prendere all’hostal Su Merced, stupendo hotel costruito in stile spagnolo con camere diverse una dall’altra e arredate con mobili d’epoca.

L’autista ci comunica che potremmo incontrare difficoltà a raggiungere l’aereoporto di Sucre.

Notiamo subito che non segue la strada principale ma cerca sempre di percorrere vie traverse e poco frequentate, dietro ogni curva col cuore in gola speriamo di non trovare assembramenti di persone e che la strada sia sempre libera.

Ma alla fine, inevitabilmente, ad una distanza di un centinaio di metri davanti a noi, notiamo che il traffico è completamente paralizzato.

Prontamente il nostro bravo tassista effettua un’inversione di marcia dirigendosi verso le montagne in direzione opposta all’aereoporto, evidentemente vuole raggiungerlo da strade di nessuna importanza.

Facendo un largo giro (e meno male che ho chiesto l’auto con molto anticipo) riusciamo così a raggiungere l’aereoporto dove troviamo dei rivoltosi che ne bloccano l’entrata.

Fortunatamente anche qui l’unica scocciatura risulta essere l’obbligo di percorrere a piedi con tutti i bagagli il resto della strada.

Adesso dobbiamo attendere “solamente” 4 ore prima di partire per La Paz, però almeno sin qui siamo arrivati!

Niente da fare… è pazzesco… siamo già tutti seduti sull’aereo da un’ora… 145 persone… Ci ordinano di scendere perché il decollo viene rimandato di due ore a causa del forte vento!

Passano 2 ore… e poi ancora 2 ore… fino a quando ci viene comunicato che il volo è cancellato…

Per oggi non ci sono più voli e il pensiero va costantemente all’appuntamento con Matteo che rischiamo di non riuscire a raggiungere in Ecuador e da li, dopo tanti anni, poter finalmente fare una vacanza tutti insieme alle isole Galapagos.

Siamo tanto incazzati e tanto preoccupati, dobbiamo assolutamente raggiungere il Perù passando dalla frontiera terrestre e da li proseguire per l’Ecuador.

 

Sabato 2 agosto 2008 – Sucre > La Paz > Puno (Perù 2)

Fortunatamente oggi è sabato e come d’incanto i manifestanti si sono dileguati, lungo il percorso troviamo solo le pietre lasciate in mezzo alle strade per bloccare il traffico, a quanto pare il richiamo a tornare dalle famiglie per passare uno spensierato e allegro fine settimana è più forte dei motivi per i quali stavano protestando, buon per noi!

Ci rechiamo in aereoporto molto presto per cercare di volare il prima possibile verso La Paz dove un veicolo ci attende per portarci immediatamente al confine Bolivia-Perù.

Nonostante alle 7 fossimo già qui non riusciamo a partire col volo delle 10:30. Il clima si fa teso, protestiamo, ci incazziamo, si comincia ad alzare la voce, chiediamo di poter parlare con un responsabile, alla fine tutto quello che riusciamo ad ottenere è di essere confermati sul volo delle 15 (sperando nella clemenza del vento).

Pazzesco… passare due giorni interi in questo aereoporto per un volo di appena 40 minuti… mah!!!

L’alternativa sarebbe stata quella di metterci 12 ore con un’auto, ma via terra è impossibile da fare a causa dei blocchi per il referendum del 10 agosto.

Calcoliamo che se alle 16 riusciamo a partire da La Paz con l’auto che ci sta aspettando dovremmo riuscire ad arrivare in Perù, a Puno sul lago Titicaca, in tempo utile per incontrarci con Fabio e Cinzia i quali ricordiamo che sarebbero transitati da qui proprio oggi 2 agosto.

Appena passata a piedi la movimentata e caotica frontiera di Desaguadero inviamo un SMS sul cellulare di Fabio per comunicargli che in un paio d’ore arriveremo a Puno.

Mi risponde, evviva sembra proprio che si riesca a fare un mini incontro Viaggiatori Liberi sul Lago Titicaca… eh vai!!!!!!

Alle 21 in punto Fabio e Cinzia vengono puntuali al nostro hostal, siamo felicissimi di essere riusciti a vederci a 10.000 km dall’Italia nell’unico giorno che i nostri itinerari si incrociavano.

Che strano uscire una sera di agosto tutti e cinque abbarbicati dentro le giacche a vento e coperti di tutto punto con guanti e cappello di lana alla ricerca di un locale tipico, Fabio vuole assolutamente assaggiare la trota del lago Titicaca, chissà che gusto ha una trota che vive a 3800 di altitudine?

Passiamo una bella serata facendoci scattare un paio di foto dal giovane cameriere del ristorante e poi da un soldato che stava passando in quel momento nella piazza davanti alla Cattedrale.

Saranno le ultime foto di un viaggio che sarebbe dovuto terminare il 18 di agosto alle Isole Galapagos…

 

Domenica 3 agosto 2008 – Juliaca > Lima

Da Puno ci spostiamo a Juliaca per prendere il volo che ci condurrà a Lima. Partiamo puntuali, anzi con 10 minuti di anticipo.

Una volta atterrati a Lima raggiungiamo il quartiere Miraflores, molto più sicuro che il centro città. Il traffico è tanto, Lima conta 9 milioni di abitanti, sembra un enorme formicaio dove le formiche non siamo noi ma le numerose auto… non mi piace!!!

Una volta giunti in hotel noto che in Italia dovrebbero essere le 19 e proprio oggi mio padre sarebbe ritornato a casa dopo una vacanza di tre settimane nella sua amata Sardegna.

Accedo così alla rete wireless dell’hotel per aprire skype per parlare con papà e chiedergli com’è andato il viaggio.

Compongo il numero di casa sua convinto che fosse già arrivato, niente da fare… non mi risponde nessuno; decido di chiamare mia sorella Paola convinto che fosse da lei per la cena…

Mi risponde Franco con voce cupa, sento tristezza nelle sue parole… in lontananza sento mia sorella piangere… Franco deve dirmi qualcosa ma non riesce a parlare… viene lei al telefono… singhiozza con parole strozzate in gola… “Pinuccio, papà non c’è più, papà è morto”!!!

Ho capito male… sto pensando che ho capito male… sono convinto di aver capito male… forse sto solo sperando di aver capito male…

Le chiedo di ripetere, le dico che non ho capito quello che mi ha detto… intanto la mente mi sta trasmettendo che quello che ho sentito l’ho capito bene, è l’inconscio che non vuole accettare la cruda realtà…

Riesco solo a farfugliare qualche parola chiedendole se si è trattato di un incidente in auto o se per caso è precipitato l’aereo che avrebbe dovuto prendere di li a poche ore.

No, nulla di tutto questo… Paola l’aveva sentito al telefono un paio d’ore prima, papà stava bene ed era felice di tornare a casa la sera stessa anche se un pochino gli dispiaceva perché le ha spiegato che non era mai stato così bene come in questa vacanza di tre settimane nella terra che aveva conosciuto trent’anni prima, la sua Sardegna.

Ci hanno raccontato che dopo il pranzo si è coricato per un pisolino; nel pomeriggio poi decide di andare in spiaggia per l’ultimo bagno e per l’ultima oretta di sole prima di chiudere le valigie.

E’ sulla spiaggia in riva al mare quando chiama il bagnino per dirgli che fatica a respirare, ansima, dice di sentire qualcosa che gli impedisce di respirare normalmente.

Gli dicono di stare tranquillo, chiamano un’ambulanza… ma prima che arrivi lui cade sulla sabbia, in riva al mare… muore così… quasi nudo, da solo… senza nessuno di noi vicino… senza che noi fossimo li a tenergli la mano, senza nessuno di noi a dargli una carezza, senza che nessuno di noi potesse dargli un ultimo bacio per accompagnarlo in pace verso il suo ultimo viaggio…

E intanto con le lacrime agli occhi sento svuotarmi dentro… sento piangere anche intorno a me, Doni e Francesca hanno capito, sicuramente ancor prima di me!

Tutti e tre ci sentiamo impotenti in questa anonima stanza d’albergo di Lima a 10.000 km da casa… e adesso cosa facciamo?

E’ domenica, difficile organizzare un rientro improvviso ma reagisco scrivendo immediatamente delle e-mail in Italia a Nosytour ed in Ecuador a Mashipura dove si trova la succursale del nostro corrispondente che ha organizzato tutti i trasferimenti in Sud America.

 

Lunedi 4 agosto 2008 – Lima > Quito (Ecuador 2)

Questa mattina decidiamo di volare a Quito per chiedere al personale degli uffici Iberia di anticipare il volo di rientro, saranno gentilissimi, non vogliono che presenti nessun documento, mi credono sulla parola e ci mettono sul primo volo in partenza per l’Italia. Le impiegate sono visibilmente commosse per quanto mi è accaduto, rimango esterefatto dinnanzi a tanta umanità.

Ciao Papà, grazie per tutti i valori della vita che hai saputo trasmettermi tra i quali spicca quello a cui tenevi di più: l’onestà!!!

Il tuo “nani” Pinuccio

 

Martedi 5 agosto 2008 – Ecuador > Italia

Oggi nostro figlio Matteo sarebbe dovuto arrivare qui dall’Italia per unirsi a noi nella tanto sognata vacanza alle Isole Galapagos ed invece il destino ha voluto che ci fossimo noi su quel volo per tornare a casa a dare l’ultimo saluto al “nonno Francesco”…

Le Galapagos possono attendere!!!

 

Gennaio 2010 - Italia > Ecuador > Isole Galapagos

 

Ringraziamenti

Sono passati parecchi mesi prima che sia riuscito a trascrivere il mio diario di viaggio sul computer per poterlo finalmente pubblicare nel nostro sito internet.

Agli amici che domandavano impazienti quando avrebbero potuto leggerlo, rispondevo loro con una bugia dicendo che mi mancava il tempo.

In realtà non riuscivo a farmi venire la voglia di rivivere questo viaggio rileggendo i miei appunti.

Mi è costato molto ricostruire gli ultimi giorni e tante sono state le lacrime versate.

Sapevo bene che si sarebbero riaperte ferite che solo il tempo lentamente e a fatica stava rimarginando.

Un grazie di cuore a tutti voi che avete avuto la voglia e la pazienza di leggere queste mie righe fino in fondo e mi scuso se vi ho reso partecipi del triste dramma che mi ha colpito nel corso di questo viaggio.

Un grazie particolare a Sonia di Nosytour, a Luca di Mashipura Viajes e al personale degli uffici Iberia di Quito, tutti per averci aiutato a rientrare con urgenza in Italia.

Note personali

Volutamente non sono mai stati menzionati, eccetto qualche raro caso, nomi di compagnie aeree, alberghi, hotel, autonoleggio, guide, driver.

Comunque, anche quando viene riportato il nome, non viene mai associato un indirizzo e-mail o numero telefonico.

Siamo contrari alla pubblicazione di queste informazioni, non è detto che se noi ci siamo trovati bene (o male) con un fornitore di servizi, lo stesso possa valere anche per gli altri perché durante un viaggio, ognuno di noi ha delle aspettative diverse.

Inoltre c’è da considerare che questo reportage potrà essere letto anche dopo alcuni anni dalla pubblicazione e nel frattempo, un hotel efficiente al 100% potrebbe aver cambiato direttore o gestione e non essere più tale; una guida bravissima potrebbe, dopo un po’ di anni, non essere più motivata e non svolgere più la sua mansione come in precedenza; un driver magari elogiato perché buon conoscitore di piste del deserto nel frattempo ha cambiato lavoro per andare a fare lo chef sulle navi da crociera oppure un auto noleggio con automobili nuovissime per mille motivi non rinnova il suo parco macchine e negli anni lo lascia invecchiare.

Siamo convinti che oggi abbiamo una grande fortuna rispetto ai viaggiatori di qualche anno fa, abbiamo una risorsa inesauribile di informazioni, si chiama internet!

Qui ognuno di noi potrà trovare quello che cerca, grazie a voi viaggiatori anche nel nostro sito abbiamo potuto allestire una pagina ricchissima di informazioni per chi viaggia: www.pinuccioedoni.it/racconti

E se durante un viaggio qualcosa non andrà per il verso giusto sarà pur sempre un’esperienza; qualche piccolo inconveniente a volte può rendere un viaggio più interessante o tramutarsi addirittura in qualcosa di positivo!

Libro VIAGGI 128 pagine
Prezzo di vendita € 16,50
Formato 12x18 - Foto a colori
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