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48 giorni in America Latina - 4^ parte - CILE - (2008) di Pinuccio e Doni | per info sul paese click sulla bandiera | ||||||||||||
Cile | |||||||||||||
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48 GIORNI IN AMERICA LATINA Ecuador Perù Bolivia Cile Luglio/Agosto 2008 Pinuccio & Doni
Giovedi 24 luglio 2008 – San Pedro de Acatama (Cile) Sveglia alle 6, colazione e partenza per il Chile insieme a Freddy, sua moglie Eleonora e il loro bimbo Luis fernando. Lungo viaggio completamente su pietraie massacranti che ci obbligano ad un’andatura lenta ma sempre circondati da vette imponenti dalle forme e dai colori plasmati e amalgamati dalla natura con la vetta del vulcano Licancabur (5960 m.) che dominando su tutto non ci abbandona mai accompagnandoci sino in Cile. Arrivati al confine scopriamo che la dogana boliviana altro non è che un piccolo gabbiotto molto freddo con all’interno un paio di ufficiali che si occupano uno per l’immigrazione e l’altro per l’emigrazione, ovviamente facciamo la fila sbagliata e così dobbiamo rimetterci in coda prima di riuscire ad espletare le formalità doganali boliviane. Salutiamo Freddy e famiglia dandoci appuntamento qui per il 26 di luglio, attraversiamo quindi a piedi la frontiera, ed al di la di un piccolo fossato che non permette alle autovetture di passare troviamo l’antipatico autista del mezzo che ci condurrà a San Pedro de Acatama, il quale ci spiega che dovremo fare circa un’ora di strada prima di arrivare alla dogana cilena e che in soli 20 minuti una discesa dritta e pericolosa ci farà passare da 4000 a 2000 metri sul livello del mare. Prima di entrare nella cittadina di San Pedro espletiamo le lunghe formalità doganali cilene scoprendo che sono talmente minuziose al punto da far camminare un cane antidroga sui nostri bagagli che poi vengono aperti tutti e controllati minuziosamente. E’ persino vietato introdurre in Chile la frutta fresca che abitualmente portiamo con noi e per evitare una forte multa anziché gettarla via ci siamo messi tranquillamente a mangiarla davanti ai doganieri, poco male… era quasi ora di pranzo! Sulla porta Doni nota tra gli altri un adesivo raffigurante un’immagine famigliare, me lo indica ed io esclamo: Stefanoooo backpacker!!! Si tratta di un ragazzo conosciuto un paio d’anni prima, anche lui con un sito di viaggi che è stato 3 mesi in Sud America l’anno precedente… vado dal doganiere per chiedergli del nastro adesivo e gli affianco un biglietto del nostro sito internet pinuccioedoni.it poi gli scatto una foto che gli invierò per e-mail una volta rientrati a casa, ci è parsa un’idea carina dal momento che ci troviamo a circa 11000 km dall’Italia. Sistemati i bagagli nel nostro bungalow, passiamo il pomeriggio passeggiando per S. Pedro de Acatama alla ricerca della sua bianca chiesetta scoprendo che si tratta di un paesino molto frequentato e animato da un turismo giovanile e cosmopolita. Essendo sorto sul deserto de Acatama, di giorno fa molto caldo ma la sera appena tramonta il sole ed in particolare la notte la temperatura scende sotto lo zero, fortunatamente il nostro bungalow è fornito di stufa a gas al contrario della notte precedente che eravamo senza riscaldamento. Usciamo a mangiare un boccone e poi subito a nanna perché domani ci attende una gornata molto intensa!
Venerdi 25 luglio 2008 – Geyser del Tatio > Valle della Luna Sveglia alle 3.45 e appuntamento con il coche alle 4.10 per partire alla volta del Geyser del Tatio che si trova a 100 km di strada sterrata da S. Pedro de Acatama. Da 2000 metri risaliamo a 4400 metri di altitudine dove arriviamo verso le 7 del mattino. Scesi dal furgone troviamo una temperatura di meno 17°C. Una botta da non credere, un’esperienza che non avevamo provato prima d’ora, un conto è essere al riparo tra quattro mura ed un altro è trovarsi all’aperto con questa temperatura. Siamo stra-coperti ma tremiamo vistosamente per il freddo! Il nostro alito si confonde con i vapori prodotti dai numerosi geyser che ci circondano. Lo spettacolo è affascinante, peccato che dopo appena una decina di scatti la mia nuova Canon 40D smette di funzionare, il display mi indica che si tratta di un problema alla scheda di memoria e mi suggerisce di formattare. La cosa mi preoccupa parecchio perché essendo la scheda molto capiente, 16 GB di memoria, su di essa ci sono memorizzate tutte le foto scattate sin dal primo giorno in Sudamerica, poco più di 3000 immagini! Decido di aspettare che esca il sole in modo che la temperatura si alzi prima di prendere qualunque decisione in merito, nel frattempo continuo ad usare il “muletto”, l’altra macchina fotografica Canon S80, che nonostante il freddo intenso funziona egregiamente. Riesco così a fotografare le piscine naturali di acqua calda dove i più coraggiosi e temerari entrano per un bagno termale, il vero problema sarà dopo, quando usciranno troveranno una temperatura ancora sui –10 gradi centigradi. Non so se quello che è successo può dipendere dal fatto che le due macchine hanno due differenti schede di memoria… la 40D adopera le Compact Flash, mentre la S80 usa le SD Card, mi viene da pensare che una sia più resistente dell’altra alle basse temperature, questo pensiero mi fa venire un’idea. Estraggo quindi la Compact Flash dalla macchina, è gelida, ho il terrore di aver perso tutte le immagini dell’Ecuador, del Perù, della Bolivia oltre alle ultime scattate qui in Chile. Tengo la memory card stretta nel palmo della mano per alcuni minuti, Doni dice sempre che anche in pieno inverno ho le mani molto calde, ogni tanto cambio mano finchè sento scomparire l’effetto del gelo. A questo punto la reinserisco nella Canon, guardo l’ora, sono le 10.30, il sole ormai ha scaldato anche il corpo macchina… l’accendo… magia, tutto sembra tornato alla normalità, non compaiono più messaggi preoccupanti sul dispay. La macchina fotografica funziona perfettamente e, cosa più importante, le 3000 foto ci sono ancora tutte… ma che spavento che mi sono preso! Lungo il tragitto che ci riporta a S. Pedro de Acatama, facciamo una sosta per visitare il caratteristico Pueblo di Machuca camminando nell’unica via sterrata, le case in pietra sono molto basse ed hanno i tetti fatti con lunghi fili d’erba. Non c’è in giro quasi nessuno, dalla parte opposta del Pueblo prendiamo una salita che ci porta ad una bella chiesetta bianca, all’interno un giovane prete sta tenendo messa agli abitanti del piccolo villaggio. Ci colpisce come si rivolga verso le persone ad una ad una coinvolgendo tutti e trasmettendo un senso di calma e di pace. Verso le 13 siamo di ritorno a San Pedro, Doni e Francesca vanno a cercare qualcosa da mangiare mentre io preferisco riposare un po’ nel giardino del campeggio approfittando del sole caldo per ritemprarmi del freddo patito durante la notte al geyser del Tatio. Alle 15 ripartiamo per andare a visitare la Valle della Luna e la Valle della Morte. I paesaggi che ammiriamo sono talmente surreali che sembra di essere su di un altro pianeta. Bellissime e strane formazioni rocciose si alternano alle dune del deserto dando forma a panorami stupendi mai visti prima in nessun altro posto al mondo. Lasciamo la Valle della Muerte per tornare alla Valle della Luna dove ci arrampichiamo su una grande duna per sistemarci su di uno sperone roccioso dal quale possiamo ammirare uno spettacolare tramonto con il lontano vulcano Licancabur sullo sfondo a ricordarci che domani ritorneremo in Bolivia! E’ ormai buio quando torniamo nella vivace S. Pedro, una doccia e poi fuori di nuovo al freddo notturno, rieccoci imbacuccati nella nostra giacca a vento alla ricerca di un ristorantino dove cenare, pensando che bisogna essere matti il 25 di luglio venire fin qui per patire così tanto freddo anziché essere in qualche calda località di mare!
Sabato 26 luglio 2008 – Laguna Verde > Laguna Colorada (Bolivia 2) Questa mattina si torna in Bolivia ripercorrendo esattamente la stessa strada che ci ha portati quaggiù (si fa per dire… siamo pur sempre a 2000 metri sul livello del mare) a San Pedro de Acatama. Il furgone fatica a salire, si spegne numerose volte, la strada che ci riporta a quota 4000 è lunga e dritta con una pendenza impressionante. Alla fine, dopo aver percorso gli ultimi metri a piedi, rieccoci nella piccola casupola a rifare l’immigrazione in Bolivia. L’appuntamento con Freddy e famiglia è qui alla frontiera, il piccolo Luis Fernando è contento di rivederci, sembra che nel frattempo abbia perso la timidezza dei primi giorni e ci fa una festa incredibile; anche noi siamo felici di rivederlo, è veramente simpatico e bravo, affronta ore di fuoristrada senza mai fare i capricci. Siamo contenti di essere tornati in Bolivia e di essere di nuovo a bordo del “nostro” confortevole Toyota Land Cruiser 4x4 guidato egregiamente dal simpatico Freddy, autista molto esperto con 8 anni di deserto e salar sulle spalle..........................continua | ||
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*Considerazioni sul mal di altura Qui apro una parentesi sul mal di altura che tanto ci preoccupava sin dalla fase progettuale di questo viaggio a causa dell’alto numero di giorni vissuti ad altitudini comprese tra i 3600 e i 5200 metri di quota. Doni decide, fin dal primo giorno a Quito, di assumere una compressa giornaliera di cardio aspirina mentre io e Francesca non prendiamo nulla dato che in Ecuador non abbiamo intenzione di fare nessun trekking impegnativo. Io decido di iniziare con la cardioaspirina dopo 12 giorni dalla partenza e cioè il giorno del nostro arrivo a Cuzco (3600 mt), inoltre tutti i giorni dopo pranzo bevo una tazza di mate de coca (coca tea), mai dopo cena altrimenti si rischia di non dormire a causa delle sue proprietà energetiche. Si tratta di un infuso a base di foglie di coca che i popoli andini usano come farmaco naturale idoneo a combattere il Soroche (mal di montagna o di altura). Devo ammettere che non ho mai risentito della fatica a parte la giornata all’Isla del Sol (Bolivia) e non ho mai avuto mal di testa da altura eccetto un pomeriggio a Pisac (Perù) dove sono arrivato in albergo con un dolore fortissimo alla testa scomparso dopo pochi minuti aver bevuto una tazza calda di mate de coca! Francesca non ha mai preso nulla come prevenzione nemmeno alle altitudini più elevate però ha sofferto spesso il mal di testa che abbiamo curato al momento con della tachipirina. Nonostante le temperature molto basse (-20°C) abbiamo sempre bevuto molta acqua anche se non avevamo sete, questo per aumentare l’apporto di ossigeno nel nostro organismo. In quasi tutti gli alberghi dove abbiamo soggiornato abbiamo notato che c’era la bombola di ossigeno per eventuali emergenze ed inoltre nella reception c’è sempre un tavolino con un cestino pieno di foglie di coca ed un thermos di acqua calda per potersi preparare il mate de coca.
**Considerazioni sui pasti Apriamo una parentesi anche per quanto riguarda il cibo. Spendere 6 usd in tre persone per cenare potrà sembrare pochissimo, in realtà in Ecuador abbiamo provato a pranzare con tre dollari in tre (zuppa di pollo, carne asada, riso, patatine fritte, pomodori e insalata) ed in Perù 50 centesimi di dollaro per un lungo spiedo di carne di alpaca grigliata e infilzata su un pezzo di canna di bambù acuminata con in cima una patata lessa intera, una vera leccornia… totale 1 dollaro e 50 centesimi in tre. Per dovere di cronaca, ci tengo a precisare che cenando negli hotel o nei ristoranti, si spendono in media 8 dollari a persona che salgono a 12 se si ordina una bottiglia di vino. In Ecuador abbiamo bevuto esclusivamente vino cileno mentre in Perù vino sia cileno che peruviano. Una sera in Bolivia abbiamo degustato un Cabernet Sauvignon rosso di 14° proveniente dal Cile (Casillero del Diablo) ed in un’altra occasione un Riesling bianco di 13,5° prodotto in Bolivia con uve coltivate a 1850 metri di altitudine. Una curiosità, in Ecuador, Perù e Bolivia abbiamo sempre pagato una bottiglia di vino cileno una cifra media di 10 dollari. In Cile per la stessa etichetta di vino (cileno) ci hanno chiesto 32 dollari… mah!!! La cerveza è buona ovunque e sempre a buon mercato. In genere si tratta sempre di birra locale e può accompagnare tranquillamente qualunque pasto. Sembra che i sudamericani abbiano un debole per la birra, nei fine settimana o durante le feste di paese ho visto famiglie intere in piazza ognuna con le sue belle cassette di bottiglie grandi di cerveza abbandonarsi in allegri balli accompagnati dalla caratteristica musica andina. | ||